da Roma
Abolizione dello «scalone» previsto dalla riforma Maroni e aumento delletà pensionabile solo su base volontaria. Ma anche un accenno al nodo dellinvecchiamento che sembra tanto un via libera agli «scalini», quindi allinnalzamento graduale. Il tutto a condizione che non siano toccati i coefficienti sulla base dei quali verranno calcolate le rendite future. Poi un allarme sullaumento delle tasse locali e la richiesta di usare i denari del boom delle entrate fiscali per far aumentare i redditi e non solo per far quadrare i conti.
Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di non aspettare il governo. «Tanto - è losservazione di un sindacalista - una posizione unitaria non la raggiungeranno mai». Meglio, questo in sintesi il ragionamento delle confederazioni, approfittare dei disaccordi allinterno dellesecutivo Prodi per dettare la linea. E così Cgil, Cisl e Uil sono riuscite a trovare un compromesso mettendo da parte i tanti motivi di divisione. Già oggi i segretari generali Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti presenteranno il documento che costituirà la base per il confronto con il governo sulla competitività. Le ultime aggiunte sono appunto quelle che riguardano il boom delle addizionali comunali e regionali. Novità dettate dalla delusione per la prima busta paga dellera Prodi. Altra novità di rilievo è la richiesta di rafforzare la contrattazione di secondo livello - quindi territoriale e aziendale - attraverso incentivi fiscali. Un argomento che fino a poco tempo fa era considerato tabù dalla Cgil. In generale la richiesta è di rafforzare il potere dacquisto dei salari facendo leva su fisco, tariffe e contratti. Nessun accenno alla legge Biagi. Perché, come hanno sottolineato i segretari generali, dora in avanti i sindacati punteranno sulle battaglie condivise e metteranno da parte gli argomenti di divisione.
A parte il merito, il senso politico di questa accelerazione è il tentativo di stringere il governo in un angolo, incoraggiando Prodi a scegliere tra la posizione della sinistra radicale che punta ad abolire lo scalone (età pensionabile da 57 a 60 anni con 35 anni di contributi) senza sostituirlo con niente e quella di chi vorrebbe solo una manutenzione delle riforme varate dal precedente governo. A Cgil, Cisl e Uil preme ribadire la centralità del sindacato nelle scelte cruciali di politica economica. Appoggiandosi anche al recente richiamo del governatore di Bankitalia Mario Draghi: «Ha ragione - ha commentato il leader della Cisl Raffaele Bonanni - bisogna tornare alla lungimiranza della metà degli anni Ottanta e Novanta che ci portò ad abbandonare la scala mobile, ma ci vuole il clima giusto».
Un aiuto a Cgil, Cisl e Uil in questo senso è arrivato dal ministro del Lavoro Cesare Damiano che ieri ha chiesto un vertice dellesecutivo tutto dedicato alle pensioni per dare «una voce unica e una sintesi» alla compagine governativa. Unesigenza sentita anche dagli industriali di Confindustria le cui posizioni, alla vigilia del via ai tavoli di confronto, non sembrano molto lontane rispetto a quelle dei sindacati. A partire dal fisco. «Le tasse - ha sottolineato il presidente Luca Cordero di Montezemolo - vanno restituite a chi le ha pagate onestamente, ai singoli e alle imprese, vanno utilizzate per la riduzione del debito pubblico e in poche e fondamentali infrastrutture del Paese».
Il ministro dellEconomia Tommaso Padoa-Schioppa incontrando il Forum delle associazioni giovanili (esclusi per il momento le organizzazioni junior di Forza Italia e di Rifondazione comunista) ha ribadito lesigenza di garantire lequilibrio del sistema previdenziale «anche tra 40-50 anni».
Nessun accenno alla previdenza integrativa finanziata dalle quote di Tfr, partita il mese scorso, con un anno di anticipo rispetto a quanto previsto dallesecutivo Berlusconi.
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