Il sindaco che cancella le auto blu: "Io condannato, Grillo applaudito"

Flavio Tosi, primo cittadino di Verona. Viaggia su un’ Audi con sponsor. Ha abolito la passatoia rossa stesa per Prodi. Riceve in municipio fino a mezzanotte. Si rade ogni sette giorni. Ha fatto togliere la cravatta a Berlusconi. E ha un’idea fissa: la sicurezza

Il sindaco che cancella le auto blu:
"Io condannato, Grillo applaudito"

Siamo a Verona, città natale di Cesare Lombroso, padre della fisiognomica. Quindi s’impone un’osservazione: Flavio Tosi, sindaco leghista dal 28 maggio, assomiglia pericolosamente all’attore Thayer David, che nel film Viaggio al centro della Terra tratto da Verne interpretava il malvagio conte Saknussem. Ma se avesse partecipato a quell’impresa speleologica, Tosi non avrebbe mai osato mangiarsi l’oca Gertrude del giovane irlandese impersonato dal cantante Pat Boone, questo è sicuro. Lo dipingono come un temibile razzista dai metodi brutali. Visto da vicino, ha l’aria mansueta e afflitta di un San Sebastiano alla colonna.

L’appuntamento è nella sede dell’ottava circoscrizione, divenuta all’improvviso l’onfalo delmondo perché uno degli assessori, Enrico Corsi, giuntovi trafelato per partecipare a un’assemblea serale con la popolazione, haparcheggiato l’auto nello spazio riservato agli handicappati. Un consigliere della Margherita ne ha fatto un caso politico. Se n’è occupato persino il Corriere della Sera. Il sindaco ispeziona il luogo: «Corsi ha ragione. Le strisce sono bianche anziché gialle. Però c’è il cartello di divieto, bello grande. Corsi ha sbagliato. Fossi in lui, pagherei la multa anche se non gli hanno elevato la contravvenzione». È l’arma che più gli è cara, e anche una delle poche di cui dispone. Nei primi 100 giorni di governo l’ha usata molto: multa agli automobilisti che fermano l’auto sui viali del vizio per contrattare le prestazioni sessuali con le prostitute; multa ai turisti che mangiano panini e patatine fritte in prossimità deimonumenti storici; multa agli accaldati che d’estate girano per strada a torso nudo o fanno il bagno nelle fontane; multa agli ubriaconi che bevono alcolici nei giardini pubblici; multa ai venditori ambulanti di merci contraffatte e ai passanti che le acquistano. Dove non arriva col blocchetto delle contravvenzioni, si presenta con le ruspe: a fine agosto ha fatto radere al suolo un’ex scuola materna che da tre anni era occupata abusivamente dal centro sociale autogestito La Chimica, propugnatore di «sensibilità planetarie, agricoltura contadina e rivoluzione dei consumi »; entro fine anno spianerà il campo nomadi di Boscomantico.

Abituato a pretendere molto dagli altri, Tosi è inflessibile anche con se stesso. Sono le 7 del mattino. Cinque ore fa, alle 2 di notte, stava ancora in municipio a firmar carte. «L’ultima persona l’ho ricevuta a mezzanotte ». È andato a letto alle 3.30. Di solito alle 7 comincia il giro degli appuntamenti esterni: bar Centrale qui di fronte («abito nei paraggi»), bar Filò a Verona sud («quello storico, il mio»), bottiglieria Corsini («comoda, è dietro Palazzo Barbieri, sede del Comune »). Veste la divisa d’ordinanza: camicia azzurra sbottonata che lascia intravedere la t-shirt bianca. Non si rade da tre giorni: «Una perdita di tempo. Lo faccio una sola volta la settimana». Silvio Berlusconi era stato ultimativo: «Adesso che sei candidato della Cdl, fatti la barba e mettiti la cravatta ». È finita che da allora è il Cavaliere a mostrarsi ogni tanto privo dell’«inutile orpello» (definizione di Tosi).

Uno dei suoi primi atti da sindaco ha comportato l’abolizione di un ben più inutile orpello: i 180 metri di passatoia rossa che la Giunta di centrosinistra aveva fatto stendere il 22 agosto 2003 dalla scalinata di Palazzo Barbieri fino all’ingresso Vip dell’Arena per far camminare sul morbido il presidente della Commissione europea RomanoProdi e il cancelliere tedesco Gerhard Schröder, i quali andavano a gustarsi la Carmen di Zeffirelli dopo una cena offerta dal suo predecessore, Paolo Zanotto. Tosi è nato a Verona, ha 38 anni. Dopo la maturità classica, frequentò ingegneria. Gli mancavano pochi esami alla laurea quando venne eletto consigliere comunale. Abbandonò gli studi e il lavoro di programmatore elettronico e si diede alla politica a tempo pieno. Nel 1998, per compiacereUmberto Bossi che s’era inventato il Circo Padano, si presentò in conferenza stampa tenendo al guinzaglio una tigre. Con notevole sprezzo del pericolo, accarezzò il felino.Uncolpo dimonache poteva costargli caro: «Non farlo mai più, questa ti stacca il braccio», gli sibilò nell’orecchio il domatore al suo fianco.Daallora ha ripiegato su un gesto meno eroico: il tuffo di Capodanno nelle acque del Garda (temperatura 8 gradi) dal molo di Brenzone, paese d’origine del nonno materno, Luigi Chemini, intrepido carabiniere.

La moglie di Tosi, Stefania Villanova, è una vicentina che lavora alla Regione Veneto. Si sono conosciuti lì. Lui era un consigliere, lei la segretaria dell’assessore alle Attività produttive. Divenuto assessore alla Sanità, l’ha voluta alle proprie dipendenze. Lo scorso dicembre se l’è presa in moglie. Il padre del sindaco, Diego, ha lavorato per 34 anni alle Officine grafiche Mondadori. La madre, Luciana, smise di fare l’impiegata alla nascita dei due figli. Barbara, di due anni più anziana del fratello e pure lei leghista della prima ora, è capogruppo in Consiglio comunale.
Davvero ha abolito le auto blu?
«Non esattamente. Ho accettato dalla concessionaria Vicentini una Audi A6 in comodato d’uso gratuito e l’ho data da guidare a Idelmo, un militante a libro paga della Lega. È un escavatorista che ha portato in giro anche Bossi. Prima i sindaci di Verona viaggiavano con le berline di servizio. Questo ha consentito di ridurre a tre il numero degli autisti, che però gli assessori non possono utilizzare nel tragitto casa-municipio come avveniva in precedenza».
E la concessionaria che ci guadagna?
«Pubblicità. Sulla fiancata c’è scritto “Courtesy car Vicentini”».
L’apparenza conta.
«Pensi che quest’anno la Fondazione Arena avrebbe preteso di farmi stendere in mezzo a piazza Braun tappeto rosso ancora più lungo, 220 metri, dalla Gran Guardia all’anfiteatro. Ma siamo matti? Un bruttissimo segnale quando le autorità vogliono tenere le distanze dai cittadini».
Appena insediato, ha fatto togliere il ritratto del capo dello Stato dal suo ufficio. Perché?
«Giorgio Napolitano non mi piace. Non è il presidente di tutti. È solo un veterocomunista che per trent’anni ha negato l’ignominia dell’invasione sovietica dell’Ungheria. L’ho sostituito con le foto di Sandro Pertini e di Benedetto XVI, molto amato da me e dalla maggioranza dei veronesi».
Pertini non è mai stato amico della Lega. Il suo portavoce, Antonio Ghirelli, diceva: «Bossi è pericoloso».
«Ah sì? Pertini ha pagato per le sue idee. E poi voleva bene a questa città, ci veniva spesso a trovare la nipote Diomira, figlia del fratello Eugenio, ucciso dai nazisti nel lager di Flossenbürg».
Beppe Grillo strilla: «I rom sono una bomba a tempo ignorata dal governo». E lei, prontamente, caccia i nomadi.
«La battaglia contro i rom l’ho cominciata molto tempo prima di Grillo. Nel 2004 ho subìto una condanna a sei mesi di reclusione con la condizionale per istigazione all’odio razziale in seguito a fatti accaduti nel 2001, veda un po’ lei. Solo perché avevo stampato un manifesto e organizzato una raccolta di firme contro gli zingari. Il campo nomadi di Boscomantico è costato al Comune più di 2 milioni di euro in cinque anni. Dentro è accaduto di tutto: genitori che vendevano i figli ai pedofili, violenza sessuale, sfruttamento della prostituzione minorile, concussione, spaccio, ritrovamento di refurtiva. Ci viveva persino un tizio implicato in un rapimento. Un consulente dell’assessorato agli Affari sociali preposto al “progetto rom” è risultato condannato nel 1999 per pedofilia. Detto questo, abbiamo le fasce di povertà nostre, veronesi. È a quelle che io devo pensare».
La sicurezza è la sua magnifica ossessione.
«Era nel programma. Da giovedì scorso abbiamo portato da quattro a sette le pattuglie dei vigili urbani in servizio notturno dalle 21.30 alle 2.30. A breve assumeremo 10 agenti pescando nelle graduatorie, altri 30 l’anno prossimo per concorso. Alle 40già esistenti aggiungeremo 10 nuove telecamere per scrutare a 360 gradi i punti nevralgici della città, nei quali piazzeremo colonnine Sos: basterà pigiare un bottone per far partire la richiesta di aiuto alle forze dell’ordine. Purtroppo ho le mani legate ».
In che senso?
«Prenda l’ordinanza contro i clienti delle prostitute: l’ho potuta fare solo per motivi di viabilità, quindi 36 euro di ammenda. Il 90% dei fermati sono mantovani. I veronesi hanno smesso di andare a puttane in città per non essere identificati dai vigili. Ma per poter espellere un extracomunitario dobbiamo dimostrare che è nullafacente sul territorio comunale da 90 giorni. Mi spiega lei come facciamo senza una banca dati? È assurdo che un sindaco possa emettere ordinanze di ordine pubblico solo per motivi “contingibili e urgenti”. Non è che nelle nostre città certe cose possano accadere. Purtroppo accadono. Ogni giorno».
E la polizia municipale è in prima linea.
«Chi è andato a controllare gli alloggi del rione Veronetta affittati a clandestini di colore che vi abitavano in condizioni di sovraffollamento e di igiene allucinanti? Noi. Per fortuna c’è stato un giudice coraggioso, Rita Caccamo, che per la prima volta ha disposto la confisca degli immobili ai 16 proprietari. Se solo un magistrato togliesse la patria potestà agli zingari che costringono i figlioletti all’accattonaggio... Avremmo spezzato per sempre la catena. Lo sfruttamento dei minori è reato, articolo 671 del codice penale. I nostri vigili segnalano ogni caso alla Procura. “Lo faremo anche noi”, assicura il sindaco di Livorno. Bravo, e fino a oggi che hai fatto?».
Sullo sgombero del centro sociale La Chimica la Procura è stata sollecita.
«Io sono andato oltre: ho fatto abbattere l’edificio. Primo, perché era infestato dall’amianto; secondo, perché altrimenti i no global se lo sarebbero ripreso l’indomani».
Come mai il sindaco precedente è rimasto a guardare per tre anni?
«Per forza, gli occupanti erano protetti dall’ultrasinistra che sosteneva la sua coalizione. Vede, ogni scelta può creare consenso o malcontento. Nel dubbio, Zanotto ha deciso di non decidere. Almeno Sergio Cofferati a Bologna, Flavio Zanonato a Padova, Leonardo Domenici a Firenze, che pure sono diessini, hanno avuto il coraggio di litigare con la loro maggioranza. Lui manco sapeva che cosa volevano i veronesi».
Lei sì.
«Vivo fra la gente. Ho messo un capo di gabinetto e quattro segretarie a smistare le segnalazioni di illegalità grandi e piccole che arrivano dai cittadini. Ogni giorno scorro personalmente tutte le telefonate e provvedo. Interveniamo in tempo reale. Alle regionali del 2005 ho avuto 28.120 preferenze. Il candidato più votato da Roma in su».
Riceve minacce?
«Sììì! D’ogni tipo. Mi hanno anche spedito a casa alcuni proiettili di pistola. Ho lasciato l’auto in sosta a Borgo Roma: qualcuno ha bucato il serbatoio con un punteruolo. Segno che sono pedinato. Mi è stata imposta la scorta, ora giro con due carabinieri».
Che rapporti ha col procuratore capo Guido Papalia, il pubblico ministero che l’ha fatta condannare?
«Buoni. Come vede, non indosso più la maglietta con la scritta “Papalia non ti temiamo” e il segnale di divieto con la falce e martello sbarrata.Dopo l’elezione sono andato a trovarlo. Un colloquio cordiale. Lo considero un avversario politico. Ha una visione del mondo opposta alla mia. Lo rispetto».
Non si direbbe: gli avete preparato una pietra sepolcrale con tanto di nome e fotografia nell’ovale.
«Ma Papalia ha dimostrato grande senso dell’umorismo e ha chiesto di trattenere per sé il corpo del reato una volta concluse le indagini. Io comunque non c’entro niente, mi sono limitato a farmi scattare una foto accanto alla lapide per accontentare alcuni militanti leghisti. I quali, ci tengo a sottolinearlo, non sono violenti. Al massimo burloni».
Papalia è andato alla festa organizzata dalla comunità musulmana per la fine del Ramadan. C’erano tutti: dal presidente del Consiglio provinciale al delegato del vescovo. Mancava solo lei.
«Avevo un impegno ufficiale fuori città preso da tempo».
Altrimenti ci sarebbe andato?
«Bella domanda».
E se le chiedessero la licenza per costruire una moschea?
«Indirei un referendum fra i veronesi».
Può essere messa ai voti la libertà di culto?
«Un minareto che spunta in una città di campanili qualche tensione sociale la crea sempre. I questori non impediscono talvolta la libera espressione del pensiero vietando i cortei?».
Da consigliere comunale voleva far salire gli immigrati esclusivamente dalla porta anteriore dei bus per controllare che avessero il biglietto. «Ritorno alla vecchia segregazione dell’Alabama », ha scritto il Wall Street Journal.
«Mica ho proposto di farli viaggiare su bus diversi. Che moltissimi extracomunitari non paghino è statistica. Per di più spesso borseggiano i passeggeri. Presto metteremo i tornelli che impediranno l’accesso a chi non oblitera il biglietto».
Il registro delle coppie gay lo aprirebbe?
«Mai, neppure se divenisse legge dello Stato. L’ho promesso incampagna elettorale».
Ha fatto piangere un’alunna tredicenne di Andria in gita scolastica a Verona che sgranocchiava un panino per strada. Ne valeva la pena?
«L’ordinanza per il decoro urbano è quella. Le ho pagato la multa, 50 euro, di tasca mia».
Ai graffitari che insozzano i muri non ci pensa?
«Ci penso sì. Però mi dica lei come si fa a combattere una simile piaga con ammende che, in base al regolamento di polizia amministrativa, non possono appunto superare i 50 euro.

Bisognerebbe infliggergli multe da 2.000 euro in su».
Qual è il miglior complimento che le hanno fatto da quand’è sindaco?
«“Tieni duro”».
(393. Continua)
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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