Lo aveva già detto ma ieri lo ha «ufficializzato» in occasione della presentazione del comitato che lo sostiene nella candidatura alla guida del Partito democratico: «Sarò sindaco fino al 2011 e continuerò a lavorare come ho fatto fino ad oggi, anzi di più». Le parole di Walter Veltroni, però, non convincono gli esponenti romani del centrodestra che conoscono bene il suo modo di amministrare la città e temono, ovviamente, che i suoi impegni nazionali si ripercuotano negativamente su Roma.
Anche perché, nella stessa giornata, una scelta diversa, anzi opposta, lha fatto il presidente del consiglio regionale Massimo Pineschi che ha rassegnato le dimissioni (al suo posto il dielle Guido Milana). Il paragone lo fa il capogruppo di Forza Italia alla Pisana Alfredo Pallone: «Grazie a Di Carlo abbiamo scoperto che Pineschi si è voluto dimettere perché impegnato nella costruzione del Partito democratico: i due ruoli sono incompatibili, dice il coordinatore della Margherita. Bene. Allora lo stesso ragionamento vale per Veltroni: quando diventerà leader del Partito democratico dovrà dimettersi perché i due ruoli, come per Pineschi, sono incompatibili. Anzi lo sono molto di più». «In realtà - continua Pallone - nella sua relazione, Pineschi, con il quale ho avuto anche scontri durissimi, ha recitato il de profundis della giunta Marrazzo e del suo governo. Nel suo saluto di commiato, ha rievocato con grande dignità lo spirito civico che animava la sua elezione e la maggioranza di centrosinistra. Oggi, le dimissioni a cui è stato costretto testimoniano come sia degenerato quello spirito».
Per il capogruppo di An in consiglio comunale Marco Marsilio, «Veltroni avrà bisogno della carica di sindaco per ragioni propagandistiche. In fondo in questi anni ha utilizzato Roma come palcoscenico di visibilità. Penso sia evidente a tutti che fosse una barzelletta il fatto che Veltroni si occupasse solo della capitale e, al massimo, dellAfrica ignorando la politica nazionale. Il suo vero obiettivo in questi anni è sempre rimasto quello di candidarsi alla guida del paese».
Il vero problema, sottolinea il consigliere capitolino azzurro Davide Bordoni, è che le elezioni a Roma si sono tenute poco più di un anno fa. «Rimane comunque la cosa migliore. Il sindaco ha preso un impegno con i romani fino al 2011. Laccelerazione sul Partito democratico cambia tutto. Anche perché lassenza di Veltroni già si sente. La sua attività è andata scemando e andrà sempre peggio. E chi ci rimette sono sempre i romani. Per questo sarebbe comunque meglio tornare alle urne».
«Roma avrà un sindaco part-time fino al 2011 - fa notare il deputato e commissario di Roma di Forza Italia Francesco Giro -. Se Veltroni vincerà le prossime elezioni primarie è chiaro che non gli basterà fare il leader di uno pseudo partito democratico, nato dalla fusione fredda di Margherita e Ds, e avrà bisogno della macchina organizzativa del Campidoglio, che userà per il proprio tornaconto politico e non per garantire i diritti dei romani».
Non meno tenero il commento di Gianni Alemanno, presidente della Federazione romana di Alleanza nazionale: «Quella di Veltroni è unamministrazione volta allimmagine ma che non ha cambiato i problemi strutturali della città, che si sono ulteriormente aggravati.
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