Il sindaco usa gli auguri per fare propaganda

Il sindaco usa gli auguri per fare propaganda

(...) Quando invece c’è da dipingere con giochi di luce i palazzi storici e il selciato di via Garibaldi - la strada del Comune, il cuore della città - beh, in quel caso le spese non sono un problema. Anche perché i giochi di luce, apparentemente affascinanti, non sono semplici effetti scenografici, ma messaggi rivolti a chi passeggia e viene colpito dalle scritte che si muovono e si rincorrono.
Alcune frasi sono brani di poesie di Edoardo Sanguineti che, pur non essendo l’unico, resta pur sempre un poeta genovese. Con il pregio di essere stato un compagno duro e puro fino all’ultimo. Altri messaggi, però, rilanciano l’unico concetto che questa maggioranza sembra essere stata in grado di esprimere: i diritti. E così su palazzo Rosso si arrampica, scritta con una luce chiarissima in un corsivo abbastanza comprensibile, il «diritto alla salute», inseguito a breve distanza dal «diritto alla scuola». Che tutto possono essere considerati, tranne un semplice, banale, gradito augurio di buon Natale.
Soprattutto in tempi in cui i professionisti dello squadrismo politico usano proprio il «diritto alla scuola» come scudo per devastare le città e farsi riaprire subito le porte delle celle, certi «auguri» suonano fastidiosi. Soprattutto in un periodo di festività rovinate proprio ai genovesi dalle manifestazioni abusive e spesso violente di sedicenti studenti, vedere che l’amministrazione sostiene simili battaglie usando soldi che per altre necessità vengono negati, non è piacevole. Per chi avesse dubbi sull’uso politico degli auguri di Natale c’è poi la scritta forse più clamorosa e vergognosa: «Diritto all’antifascismo».
Già, neppure il fascismo era forse arrivato a fare propaganda mascherandola da luminarie di Natale pagate dai cittadini.

Era così difficile, su quelle scritte luminose che si rincorrevano nel salotto buono della città, scrivere «Buon Natale»? Per essere sicuri di non essere considerati «fascisti», bastava scrivere anche «Merry Christmas». Per essere politicamente corretti si poteva anche fare la traduzione in arabo o in tutte le lingue del mondo. Ma il diritto al Natale, cara «città dei diritti», non si può spegnere neppure con le luci.

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