Paolo Giordano
nostro inviato a Parigi
Daccordo, lei era una cantante famosa, di quella fama che la gente la riconosce al primo colpo. Piccolina, irlandese, gli occhi dun blu che saccendeva quando cantava: ve la ricordate Nothing compares to you, con quella voce duttile e rotonda, impulsiva, frenetica? Perciò i duemila e rotti che sabato sera erano in platea allOlympia sono rimasti a bocca aperta ritrovandosi di fronte la nuova Sinead OConnor, scalza e vestita di nero, con una bandana viola in testa e una sorta di paramento sacro a scenderle sulle spalle. Una sacerdotessa di chissà quale religione. Una sacerdotessa della sua religione. Sinead OConnor ora canta il reggae, è il modo in cui oggi tira fuori la spiritualità che laccompagna fin da bambina e che esce dirompente ogni volta che può. Sua madre la violentò, a Dublino, e per lei oggi è ancora «un mostro» e nella sua musica, nel cammino che da quasi ventanni la porta in giro per il mondo, cè molto della sua voglia di scappare da quel mostro. Oggi leretica Sinead canta il reggae e lo fa con un gruppo coi fiocchi che qui allOlympia è riuscito a far ballare anche chi proprio non saspettava una messa caraibica e in questa storica sala da concerti, di fianco al Teatro Eduard VII e a pochi passi dallOpera, è arrivato vestito da sera, gli uomini in giacca e le donne in lungo, pronti e tirati a lucido per ascoltare una grande cantante pop che sarà pure quella che nel 92 al Saturday Night Show strappò in diretta tv una foto di Wojtyla ma è pur sempre una delle voci più belle in circolazione. Invece no. Sinead OConnor, 38 anni, ha cantato le vecchie cover reggae del suo ciddì Throw down your arms (prodotto per la Nun da due fuoriclasse come Sly & Robbie), una dopo laltra a parte qualche eccezione, e neanche uno dei suoi vecchi successi tipo Nothing compares o I do not want what I havent got, zero, solo standard reggae così fuori dallordinario che alla fine i pezzi di Bob Marley sono solo due (Curly locks e War). E quando si è tolta la bandana, lasciandosi il cranio lucido a sfavillare sotto i riflettori, Sinead è diventata quella che unora più tardi, nei camerini, ha mostrato di essere: unartista incatalogabile, spiritata e timidissima, incapace di guardarti negli occhi ma posseduta da una voce straordinaria, quasi invasata, così forte e rotonda da non aver bisogno del microfono. «La mia musica nasce dalla fede, non necessariamente la fede cristiana. Mi sento come Mahalia Jackson, ho quel modo lì di esprimermi».
A Parigi è rimasta poche ore, giusto il tempo del concerto in questo Pantheon del pop, e poi è partita per Berlino perché questanno lei lo passerà a far concerti (arriverà in Italia in primavera), a registrare un dvd dal vivo da qualche parte in America, a far vedere a tutti «che non sono pazza, che la mia musica è proprio un frutto della fede». In tutta questeuforia ci sarà pure spazio per un altro album, stavolta di soli voce e chitarra, che non casualmente si intitolerà Theology e uscirà nel 2007.
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