Politica

La sinistra affossa la prima manovra Prodi

Cgil, Cisl e Uil sul piede di guerra: «Inaccettabile, siamo pronti alla mobilitazione». Ma Bersani e Rutelli non cedono: «Le cifre son quelle, sarà da trenta miliardi»

Adalberto Signore

da Roma

«No ai tagli, stiamo con i sindacati». Arriva da Rifondazione comunista l’altolà più duro alla Finanziaria illustrata giovedì da Tommaso Padoa Schioppa davanti al Consiglio dei ministri. Con il terzo partito della maggioranza che decide di sfilarsi, in omaggio a quella politica dell’equilibrio inaugurata qualche mese fa dall’allora neopresidente della Camera Fausto Bertinotti. Il Prc, insomma, ha sì scelto di stare al governo con tanto di alto riconoscimento istituzionale, ma arrivati al nodo della manovra non può certo permettersi di farsi scavalcare a sinistra dal resto dell’ala radicale - Pdci in testa - e perdere contatto con le organizzazioni sindacali. Così, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, la linea del partito di Franco Giordano è netta. «Non possiamo in alcun modo rischiare una politica di tagli, tantomeno su capitoli decisivi come quelli della sanità e delle pensioni», spiega il segretario di Rifondazione. E ancora: «Per questo chiediamo un mutamento dell’ammontare complessivo della Finanziaria e una riconsiderazione su scala europea». Insomma, «siamo d’accordo con i sindacati» sul fatto che la manovra possa essere da meno di 30 miliardi di euro come vuole il ministro Padoa Schioppa. Così, spiega il capogruppo del Prc al Senato Giovanni Russo Spena, al vertice dell’Unione di lunedì «avanzeremo una serie di proposte tali da segnare una netta discontinuità con il passato» e «definire una Finanziaria di svolta». D’altra parte, dice il sottosegretario allo Sviluppo economico Alfonso Gianni, «è una manovra complessivamente sbagliata» e «occorre che le forze politiche» cerchino «un’altra strada». Che, gli fa eco il presidente della commissione Cultura della Camera Pietro Folena, non preveda «alcun taglio» per «scuola, università e ricerca». Anzi, aggiunge l’esponente del Prc, in questi settori bisogna «trovare nuove risorse».
Simile, se non identica, la rotta seguita dal resto della sinistra radicale. Con Manuela Palermi che parla di una Finanziaria dalla «filosofia sbagliata».«Rigore e risanamento - spiega il capogruppo al Senato dei Verdi-Pdci - sembrano gli unici parametri di riferimento». Per l’eurodeputato del Pdci Marco Rizzo, invece, si tratta di una manovra «contro i lavoratori» e «contro il popolo». Il «faro» della Finanziaria, gli fa eco il capogruppo dei Comunisti italiani alla Camera Pino Sgobio, dovrebbe essere «la difesa di salari e pensioni». Critico anche il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio che parla di manovra «da migliorare». «Ora - dice il leader dei Verdi - è il momento di far pagare gli speculatori, non i pensionati e i lavoratori».
Ancor più decisa, invece, la posizione dei sindacati. Paolo Nerozzi, segretario confederale della Cgil, segue la linea tracciata da Guglielmo Epifani. E attacca: «Così non va bene, perché c’è una logica di tagli e non di riforme». Per la Fiom-Cgil la Finanziaria contiene «punti di fondo inaccettabili» e, se venissero confermati, sarà inevitabile una «tempestiva mobilitazione dei lavoratori metalmeccanici». Critico anche il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, che però tiene molto a sottolineare come la sua opzione non è quella dello «sciopero» ma del «muro unitario insormontabile». Già sul piede di guerra, invece, i Cobas che hanno indetto una mobilitazione contro l’annunciata chiusura di 300 sedi provinciali di vari ministeri. All’attacco anche il segretario generale dell’Ugl Renata Polverini («ci avevano promesso l’equità, abbiamo visto solo l’entità di una manovra che appare ingiusta e ingiustificata») e quello della Cisal Francesco Cavallaro («con il governo si comincia male, serve concertazione»).
Replica alla critiche il ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani, che parla di «manovra impegnativa» e «dedicata alla crescita». E conferma: sarà «da 30 miliardi». Così anche il vicepremier Francesco Rutelli. «Sì a un profondo confronto con i sindacati - dice il leader della Margherita - ma i numeri della manovra restano quelli». Insomma, un netto «no, grazie» alle richieste di Rifondazione e sinistra radicale. Antonio Di Pietro, intanto, mette le mani avanti. «Sarà molto difficile - spiega il ministro delle Infrastrutture - lanciare una Finanziaria che risponda alle esigenze infrastrutturali del Paese».

Mentre il segretario dei Ds Piero Fassino se la prende con la Commissione Ue («dall’Europa una bacchettata fuori luogo») e manda un messaggio ai sindacati: «Serve rigore o l’Italia rischia la deriva».

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