La sinistra «afghana»: correggeremo il governo

Deiana (Prc): «Non possiamo arrivare al voto se il testo non cambia»

Luca Telese

da Roma

Emendamenti, incontri di mediazione, assemblee autoconvocate, dissidenti che si moltiplicano. Va in onda in queste ore la nuova puntata nell’infinita guerra «afghana» che da settimane sta dividendo l’ala sinistra dell’Unione e quella più moderata, con in testa i ministri Arturo Parisi e Massimo D’Alema.
Dopo le audizioni di Parisi, Rifondazione dice che non accetterà il decreto del governo così come è stato scritto e presentato dal ministro della Difesa. Il nodo dolente? Come è noto, è rappresentato dal raddoppio dei fondi per la missione Enduring freedom, che passano - lo abbiamo già scritto - da 13 a 26 milioni di euro, con un turn over già pianificato che porta a due le navi da guerra italiane inviate nel teatro di guerra del mar arabico. Dopo il no del Pdci adesso anche il partito di Franco Giordano denuncia queste clausole come estranee all’accordo sottoscritto nella maggioranza di governo. Avverte Giovanni Russo Spena, capogruppo del Prc a Palazzo Madama: «Se Parisi non modificherà il testo su questi punti, abbiamo già preparato degli emendamenti». Insomma, a metà luglio, in aula, si andrà necessariamente al muro contro muro. Oggi, come ultima ratio, i dirigenti di Rifondazione incontrano Parisi per una estrema mediazione. Ma Russo Spena avverte: «Nell’incontro con il ministro Parisi chiederemo spiegazioni sul rafforzamento della presenza navale italiana nel Golfo Persico e sugli aumenti dei fondi per l’operazione Enduring Freedom. Ci auguriamo di ottenere risposte soddisfacenti. Se così non fosse chiederemmo al governo di rimettere in discussione quelle scelte. Siamo pronti in caso contrario - avverte il capogruppo - a intervenire con adeguati emendamenti per ripristinare i contenuti dell’accordo di maggioranza da noi sottoscritto». Due in particolare le richieste di Prc formalizzate attraverso una correzione del decreto: il rientro immediato dalla missione Enduring freedom e la riduzione di almeno il 10% della missione Isaf come prospettiva di uscita definitiva. Ed Elettra Deiana: «Non possiamo arrivare al voto sul Ddl se il testo non cambia». Che il clima non sia dei più distesi lo conferma anche la presa di posizione degli otto dissidenti di tre distinti gruppi della sinistra radicale a Palazzo Madama (minoranze di Rifondazione, Verdi e Pdci), che vedono rimpolpate le proprie file da un gruppo «parallelo» di 10 deputati e da un nuovo acquisto al Senato, Dino Tibaldi del Pdci. Spiega uno degli otto senatori, il Rifondatore Claudio Grassi: «Abbiamo deciso anzitutto la presentazione di alcuni emendamenti al testo del governo a partire dalla definizione di una exit strategy da Enduring Freedom. La nostra iniziativa, che aveva suscitato una vera e propria levata di scudi nel centrosinistra, ha già ottenuto un successo concreto, ovvero il previsto incontro tra il ministro della Difesa Parisi e rappresentanti di Prc, Pdci e Verdi per cancellare i fondi in più per Enduring Freedom contenuti nel provvedimento del governo e poi politicamente c’è stata l’importante presa di posizione di un gruppo di parlamentari della sinistra Ds». Il governo potrebbe essere obbligato alla fiducia.
È sempre Grassi ad annuciare che il 15 luglio si riunisce un’assemblea autoconvocata, dei parlamentari pacifisti, che incontrano i rappresentanti delle associazioni e soprattutto di Gino Strada. Il titolo è già un programma: «Contro la guerra senza se e senza ma, via dall’Irak e dall’Afghanistan». Oltre a Gianni Minà e a Giulietto Chiesa ha già aderito anche un’altra senatrice che ha annunciato il suo «travaglio» con una lettera aperta al Corriere della Sera, Franca Rame (evidentemente approdata anche lei al no). Sulla stessa lunghezza d’onda c’è anche il Pdci, che ieri ribadiva con Marco Rizzo: «Perché proseguire come se nulla fosse, mettendo così in fibrillazione la maggioranza? Abbiamo tutto il tempo necessario per rivedere il decreto e per apportare quelle modifiche che consentano a tutte le forze che si riconoscono nella coalizione di individuare in esso un punto alto di sintesi». Ma a riprova che il clima è tutt’altro che disteso ci sono le dichiarazioni del presidente della commissione Difesa del Senato, Sergio De Gregorio: «Il nostro impegno in Afghanistan andrebbe rafforzato». Per parlare dell’opposizione, Giuseppe Cossiga, deputato di Forza Italia, denunciava: «Il decreto non è stato ancora pubblicato in gazzetta, il governo ha abbandonato i nostri militari all’Estero».

Gli risponde la presidente della Commissione difesa, la diessina Roberta Pinotti: «Il decreto è già alla firma del Presidente della Repubblica e la discussione in commissione sul disegno di legge è già cominciata». Questo si vede.

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