Egidio Sterpa
Vediamo di ragionare su quel che è accaduto nella politica italiana nelle ultime due settimane. Il nostro sistema politico, non cè dubbio, ha subito un corto circuito di non poco conto. Come negare che i nuovi vertici delle istituzioni - presidente delle Camere e capo dello Stato - prefigurano una res publica diversa da quella vissuta finora? Si sta scrivendo, insomma, un capitolo politico dissonante dal sessantennio repubblicano precedente. In una intervista al Corriere lo storico Luciano Cafagna avanza una tesi interessante. Sostiene che sta avvenendo quel che accadde, dopo Porta Pia, con lingresso dei cattolici nello Stato unitario. Sì, una verosimiglianza cè. Vero è anche che allaccantonamento della conventio ad escludendum si sta giungendo dopo mezzo secolo a seguito di un processo lungo e faticoso. Ma cè una differenza che non va sottovalutata: i cattolici si lasciarono assimilare in nome del patriottismo, qui invece si nota da parte di talune fazioni lintenzione di affermare una discontinuità in termini di cultura e valori. Il che è appunto il problema che preoccupa settori rilevanti del Paese.
Chi scrive questa nota è un liberale, che rispetta la diversità di opinioni. Nessuna intenzione di contestare la legittimità dei cambiamenti ai vertici delle istituzioni. E nessuna difficoltà a riconoscere lintegrità intellettuale e morale delle personalità salite a quei vertici. Pregiudizi e preclusioni non ci appartengono. Ma ad unanalisi obiettiva non può sfuggire la constatazione storica di un possibile passaggio ad equilibri e principi politici assai diversi dalla concezione liberale dello Stato. Spetta ai protagonisti del nuovo corso politico dimostrare il contrario. Se così sarà alla luce dei fatti, onestamente, ne prenderemo atto. Anche se questo non sposterà la nostra posizione politica, varrà almeno per sentirsi tutti a proprio agio in un confronto ideale aperto e franco. Siamo anche in attesa di vedere persone e programmi del nuovo governo. Dai vertici delle istituzioni ci aspettiamo forti e chiari segnali di garantismo, del governo valuteremo ogni passo sin dal suo ingresso nelle Camere. Al momento indizi positivi non ne vediamo. A quel che appare, ci si sta muovendo secondo vecchie logiche spartitorie.
È evidente la preoccupazione di Prodi di assicurarsi comunque la maggioranza parlamentare. Già, comunque, cioè in ogni modo. Né più né meno di come spregiudicatamente egli garantì in anticipo la presidenza della Camera a Bertinotti, pregiudicando così la scelta per il Quirinale. In effetti, se, per esempio, alla presidenza della Camera fosse salito DAlema, i passaggi istituzionali forse sarebbero avvenuti in un clima più sereno. Tra poco più di quarantotto ore verificheremo i risultati del mercato degli incarichi che si svolge a piazza Santi Apostoli. Ci asteniamo dal prendere in considerazione le indiscrezioni che fin qui hanno riempito pagine di giornali, anche perché, più che gli incarichi, linteresse va riservato al programma.
Sono nate polemiche allinterno della sinistra per gli impegni programmatici avanzati da Fassino quando si discuteva della candidatura di DAlema al Quirinale. Dura oppositrice se nè fatta soprattutto Rossana Rossanda sul Manifesto. Ebbene, non esitiamo a dire che in quelle proposte di Fassino cerano indirizzi politici che consideriamo validi. Vale la pena di ricordare quegli indirizzi: no alle interferenze tra giustizia e politica, nessuna discontinuità in politica estera, una riflessione per una revisione costituzionale senza gli errori sia della riforma del 2001 operata dalla sinistra che quelli della «devoluzione» voluta dalla Lega. Sono condizioni accettabili dal governo Prodi? Cè da disinnescare il corto circuito che metà del Paese teme.
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