La sinistra graziata dai pm adesso tenta la spallata

Ma l’Italia è davvero divisa tra giustizialisti e criminali? Tra chi sta con il potere e chi contro il potere? Mi hanno subissato di telefonate e commenti sdegnati su Facebook, perfino amici di sinistra e radicali, in seguito al mio ultimo intervento in cui dicevo che il Lodo Alfano non era «ad personam» ma «ad populum», e sempre per il principio che se lo scrivo sul Giornale sono un «servo» o «venduto», se lo scrive Panebianco sul Corriere della sera no (fino a un certo punto, perché è in odore di collaborazionismo anche lui). Gli ho risposto che io sono rimasto radicale, i radicali non so.
Il principio è che uno scrittore è sempre di sinistra (ma quali preservativi metteranno quando leggono Dostoevskij o Tolstoj, Céline o Nietzsche? E tutti quelli che non erano di destra e neppure di sinistra, da Leopardi a Proust?), il mio è che sono più di sinistra e legalista dei radicali e della sinistra, che oggi citano il Fatto di Travaglio dove si legge che «sarebbero bastati due secondi per ribadire l’articolo 3 della Costituzione e bocciare il Lodo Alfano», con questo culto per «la Carta» e per l’Europa che però venne meno quando si trattò di stravolgere l’articolo 68 della Costituzione, abolendo l’immunità parlamentare, un principio così poco europeo che oggi quando si vuole blindare un deputato lo si manda a Strasburgo.
Eppure dietro il Lodo Alfano non ci sono gli interessi di Berlusconi, non dopo vent’anni. Al contrario sarebbe stato il rimedio a un principio di legalità distorto, il cui inizio è la rivoluzione giudiziaria del 1992. Fu l’anno di Tangentopoli e l’anno in cui la magistratura annientò quasi un’intera classe politica, e fin qui va benissimo, sebbene la questione sia delicatissima, e le spine spuntano proprio su quel «quasi», la parola conclusiva del «Pasticciaccio» di Carlo Emilio Gadda. Quasi, perché una parte fu graziata, e non graziata perché non c’entrava niente, e tantomeno per caso. Quando Bettino Craxi, in Parlamento, dove erano già seduti gran parte degli esponenti dell’attuale opposizione, puntò il dito chiedendo che chi era senza tangente alzasse la prima manina calò un silenzio tombale. In seguito, come si sa, le inchieste del pool «Mani pulite» sulla sinistra italiana si fermarono al compagno Primo Greganti, gli altri non ne sapevano nulla. Berlusconi deve sapere di una tangente pagata da Previti per corrompere un giudice (e paradossalmente lo deve sapere nel processo civile e non in quello penale, e ancor più paradossalmente nella sentenza, per «presunzione», si fa riferimento alla persona di Berlusconi e non alla Fininvest, come sarebbe legalmente corretto), Occhetto e tutto l’establishment dell’ex Pci potevano ignorarlo.
E proprio contro la sinistra salvata dalla «giustizia» (l’attuale opposizione) entrò in politica Berlusconi, mentre, dall’altra parte, la sinistra imbarcava magistrati, il cui carro armato era un pm poliziotto di nome Antonio Di Pietro, colui che andava dal procuratore capo Borrelli per dirgli «Io a quello lo sfascio», e quello da sfasciare era Berlusconi. Oggi il signor “Io a Quello Lo Sfascio” è il leader del partito che si è presentato alle ultime elezioni insieme al Pd, l’Italia dei Valori, insieme al partito graziato dalle sue inchieste. Ma quali valori? Non certo quelli della giustizia. Come si può essere per la giustizia e assecondare l’assetto politico politicamente deciso dalle parziali inchieste della magistratura? Certamente, la sinistra non aveva bisogno del Lodo Alfano, tant’è che appena nella scorsa legislatura è saltata fuori un’inchiesta che la riguardava, ha proposto una legge contro le intercettazioni e ha tolto l’inchiesta al magistrato e chi s’è visto non s’è visto più, e nessuno ha fiatato. La sinistra, che lapidò Craxi, e che si è sempre tranquillamente appoggiata a Giuliano Amato quale politico superpartes (dieci domande D’Avanzo a Amato sui suoi rapporti con Craxi mai?), e a Romano Prodi (dieci domande D’Avanzo sulle sedute spiritiche mentre Moro era prigioniero delle Br mai?).
All’epoca di Tangentopoli i radicali andarono a manifestare davanti a Montecitorio al motto di «Tutti dentro», perché le manette scattavano e andava benissimo, e però saranno state pure Mani Pulite, tuttavia una mano di nascosto lavava l’altra e l’armava, e prima che Berlusconi entrasse in politica, sventando il piano sovversivo delle procure («sovversivo» perché di parte). Le quali ricambiarono subito con oltre quattrocento perquisizioni nelle sedi della Fininvest, tanto per cominciare. E dunque, questi poteri? Da quale parte stanno? Il primo governo Berlusconi durò poco, nel 1996 contro di lui c’erano la Confindustria, Mediobanca, la magistratura, la stampa, i sindacati, gli Agnelli, già De Benedetti, e i magistrati si presentavano perfino in televisione per protestare contro un decreto legge.
C’era, a fronte di questi poterini deboli antiberlusconiani, il «popolo dei fax», ce lo ricordiamo? «Il popolo dei fax» era il popolo illuminato, analogo a quello che è andato a Piazza del Popolo per la libertà di stampa. Se il richiamo del «popolo dei fax» contava per dare un senso popolare alla rivoluzione giudiziaria, non si capisce come mai il popolo delle urne degli anni successivi, incluse le ultime elezioni, non conti più. Bisognerebbe ricordare che i poteri, in uno Stato di diritto, sono tre: quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario. Si chiama «separazione dei poteri», un principio che risale a Montesquieu (sarà stato un venduto berlusconiano anche lui?) e serve appunto a garantire l’imparzialità delle varie funzioni di potere in una democrazia.
Così come la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante serve a garantire l’imparzialità del giudizio, e a far sì che chi accusa e chi giudica non siano colleghi e compagni di merende, e il giudice sia un soggetto terzo rispetto all’accusa e alla difesa. In teoria sono principi di sinistra, che se fosse stata per la giustizia si sarebbe suicidata nel 1992, e forse Berlusconi non sarebbe neppure entrato in politica, almeno vedeva nel lettone chi gli pareva e anche se qualche bionda lo registrava a nessuno gliene fotteva niente.
Personalmente, da liberale e ateo scientifico, non perdono a Berlusconi la contiguità di un partito a parole libertario con molte leggi approvate troppo confessionali, d’altra parte non perdono alla sinistra la stessa cosa (ha per caso cambiato la legge 40? Si è occupata di approvare un testamento biologico laico? È riuscita a far passare uno straccio di legge per le unioni civili, in un Paese già da trent’anni a favore dell’aborto e del divorzio?), e in più, rispetto alla destra, non le perdono il fascismo giudiziario.

Infatti, quante volte il mio amato Pannella ha parlato della Corte Costituzionale come di una cupola mafiosa e faziosa? Il Lodo Alfano serviva a questo Paese malato per portarlo fuori dall’immobilità avvelenata in cui, in mancanza di idee politiche (come scrive Panebianco «di coloro che, forse pensando di valere poco, disperano di essere capaci di sconfiggere Berlusconi in campo aperto») cercano di buttare giù il governo illegalmente, mussolinianamente (la «spallata»), con la prevaricazione di un potere sugli altri due, anzi sugli altri tre: perché il potere legislativo e il potere amministrativo, a differenza di quello giudiziario, si reggono su un altro potere dato per scontato: quello elettivo.
Tradotto nel linguaggio di Giorgio Bocca: il popolo degli imbecilli, voi. A proposito, ma chi è questo Bocca, il servo di De Benedetti?

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