Sul caso del povero Fabrizio Quattrocchi la sinistra genovese ha dimostrato, ancora una volta, di essere la più talebana d'Italia.
Se infatti in un primo tempo tutta la sinistra nazionale si era dimostrata refrattaria a onorare la memoria di Fabrizio Quattrocchi, con giustificazioni più che risibili, il verificarsi di ulteriori rapimenti ed assassini (Baldoni e molti altri stranieri) ha posto la sinistra davanti ad un dilemma: o esistono morti di seria «a» e serie «b», sulla base della funzione sociale o del lavoro svolto prima del rapimento, oppure bisognava ammettere che tutti i caduti civili in Irak avevano la medesima dignità.
La medesima sinistra era subito pronta ad aggiungere che la colpa di tutto ciò doveva essere attribuita comunque sempre a Berlusconi e Bush, che avevano provocato la giusta reazione dei resistenti iracheni, mentre prima dell'intervento degli americani l'Irak era un paradiso di ospitalità, nonché fulgido esempio di diritti civili.
La situazione si chiarisce definitivamente al momento in cui si viene a sapere con certezza che Fabrizio aveva detto «vi faccio vedere come muore un Italiano». Non ha detto «come un fascista» o «come un camerata», come insinuato in malafede da una certa stampa sinistrorsa che di conseguenza lo considerava politicamente scomodo. Pertanto Veltroni e altri sindaci di sinistra si sono subito affrettati a dedicargli una strada o un cippo, sia per coerenza al proprio credo pseudo-pacifista sia per poter avere unoccasione in più per ricordare che comunque la colpa era di Berlusconi e Bush... ecc. ecc.
A Genova ciò non è successo principalmente per due motivi: la sinistra genovese se ne frega di ciò che pensa l'opinione pubblica cittadina, ritenendo che manterrà per sempre il potere sulla città, pertanto va avanti senza riflettere se ciò che fa è un bene o un male: più simile a monarchia assoluta che comanda sui sudditi, che al buon amministratore che cerca di capire la volontà e gli interessi di chi lo posto alla guida del municipio.
Emergono inoltre i limiti di un sindaco, più burocrate che politico. Un sindaco che, sino a quando il consiglio comunale (leggi la volontà dei partiti di centrosinistra) non lo autorizza a cambiare idea, lui non la cambia. Sinceramente mi ricorda quel soldato giapponese che dopo 40 anni continuava a combattere, perché nessuno gli aveva detto che la guerra era finita, o la frase del personaggio di Alberto Sordi nel film «Tutti a casa»: «colonnello la informo che Fini e Veltroni si sono alleati contro la mia giunta e ci sparano addosso». Un sindaco che non ha lo spessore di un Cofferati o l'opportunismo politico di un Veltroni.
consigliere comunale An
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