La «Sinistra per Pisapia» boccia Pisapia

Vendere Serravalle per evitare di aumentare le tasse? «Non se ne parla». Cedere gli immobili comunali? «No». L’ingresso del Terzo polo nella maggioranza? «Sono contraria». Non solo. «Come ero contraria all’ingresso di Bruno Tabacci in giunta». L’accordo con l’Udc per allargare la coalizione? «Per principio lo escluderei».
E allora c’è una domanda da aggiungere all’intervista di Affaritaliani.it alla pasionaria rossa. Ma che cosa ci fa Anita Sonego nella coalizione che ha appoggiato Giuliano Pisapia in campagna elettorale? E perché fa parte della maggioranza di centrosinistra che sostiene il sindaco? Perché magari non dovrebbe essere sufficiente mettere in piedi una lista con la falce e martello e chiamarla «Sinistra per Pisapia - Federazione della sinistra» per giocare in una squadra. Trattandosi di politica e di amministrare Milano, forse sarebbe il caso di condividere un programma. A meno che a muovere gli unici non ex-compagni rimasti, sia l’appetito di poltrone. Visto che in due sono entrati in consiglio comunale e in due hanno avuto i galloni. La Sonego quelli di capogruppo e la presidenza della commissione Pari opportunità e Basilio Rizzo, coscienza storica dell’ultrasinistra milanese, il prestigioso scranno di presidente del consiglio comunale. Non roba di seconda fila, anche se il cammino dei due non sembra proprio andare nella stessa direzione del duo Pisapia-Tabacci.
Andando con ordine. La Sonego confessa di aver «iniziato a ragionare dopo le dichiarazioni di Pisapia, nelle quali si diceva che avrebbe venduto parte del patrimonio pubblico». Il risultato del ragionare? «Ho fatto un salto sulla sedia e ho detto: no, assolutamente. Tutto il mio partito dice no alla svendita». Ecco. A Pisapia mancava solo che si mettesse di traverso anche la Sinistra per Pisapia. Non bastavano Basilio Rizzo e la sua guerra alle privatizzazioni e al Pgt, l’assessore Stefano Boeri e il suo orto planetario, il Pd e le vecchie ruggini, il presidente della commissione Sicurezza Mirko Mazzali con il suo iper garantismo e l’avversione all’Expo, i vendoliani di Sinistra ecologia e libertà con la difesa di centri sociali e della movida selvaggia, i dipietristi dell’Idv furiosi per le assunzioni d’oro degli amici di partito, i grillini dubbiosi sul bilancio e il radicale Cappato contro i privilegi della casta comunale. Roba che per Pisapia sarebbe ben poca cosa l’attacco dei poteri forti (o del loro fantasma) a confronto dell’assedio a cui lo hanno già costretto i compagni di coalizione. Perché la Sonego mica gliele manda a dire. «Non possiamo essere dei ragionieri». Lei venderebbe la quota di Serravalle? «No. Non la venderei. Tanto nessuno se la compra e nessuno se la fila. Comunque non mi piace affatto l’idea di svenderla». Una pubblicità negativa di dubbio gusto per chi sta mettendo sul mercato una società. Sperando di trarne il maggior profitto. Venderebbe gli immobili per ripianare il buco? «No». Perché «io a Pisapia nelle riunioni di maggioranza l’ho detto, ci vuole meno timidezza nel parlare ai cittadini. Una lettera del sindaco sul suo sito non basta. Io avrei mandato una lettera a casa a tutti, spiegando che è colpa del governo se siamo arrivati a questo punto, non certo nostra». Ecco. Sulla colpa a Berlusconi son tutti d’accordo. Lì le liti tacciono. Chissà ancora per quanto durerà ancora la franchigia, fino a quando sarà solo colpa degli altri. Anche perché una ricetta per raddrizzare le casse del Comune la Sonego ce l’avrebbe. «Nel programma elettorale alla pagina 18 c’è scritto che saranno attentamente valutate altre soluzioni, dai Boc (una sorta di Bot comunali, ndr) ai Bond di scopo per finanziare specifici investimenti». E chi li dovrebbe comprare? «Dobbiamo lanciare un appello alla media borghesia».

I comunisti che chiedono aiuto alla borghesia? «L’idea è che la borghesia illuminata acquisti queste obbligazioni che magari non danno grandi interessi, ma fanno il bene della città». Dunque non solo illuminata, ma anche disinteressata. Solo per fare un regalo alla Federazione della sinistra. Ci permetta, non una gran ricetta.

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