Provincia di Milano, nasce la «cosa rossa». E per Filippo Penati è davvero una cattiva notizia. Rifondazione, Verdi, Comunisti italiani e Sinistra democratica si coagulano e sfidano il presidente della Provincia sul rispetto dei fondamentali del «programma amministrativo che fu definito nellinteresse dei cittadini e del territorio».
Traduzione: linquilino di Palazzo Isimbardi deve fare un passo indietro su temi caldi come sicurezza, infrastrutture e ambiente. Altrimenti? Nellaula consiliare di via Vivaio gli mancheranno i voti della sinistra radicale, che conta su undici teste contro quattordici (Margherita e Ds) del resto della maggioranza. Prevedere il futuro amministrativo non è dunque impresa impossibile: un anno e mezzo di impasse conditi dai vagheggiamenti della gauche che punta alla «redistribuzione sociale», all«inclusione migratoria» e altri vagheggiamenti.
Ma gli undici consiglieri (e i quattro assessori di riferimento, tra i quali cè persino quello della Mobilità e Trasporti) pongono anche un altro problemino al nascente Partito democratico: il peso politico degli strapuntini di Palazzo Isimbardi. Sì, reclamano la poltrona della presidenza del consiglio - occupata dal mite Vincenzo Ortolina (Margherita) - e, perché no, pretendono anche un assessorato dai Ds. Questione di proporzioni, dicono. Mal di pancia di sinistra affrontato pubblicamente che ai Penati boys - dichiaratamente allergici alla sinistra alternativa - fa venire lulcera.
Ah, cè anche unaltra questione in ballo: le consulenze doro penatiane valutate di troppo, «la Provincia deve tornare a privilegiare la propria struttura». Messaggio chiaro per chi, in due anni e mezzo di mandato, non ha guardato alla cassa pur di dare una mano agli amici degli amici.
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