Politica

La sinistra radicale loda il «gesto di discontinuità»

Russo Spena (Prc): «L’Italia ha cambiato politica». Cento (Verdi): «Va respinto il militarismo della Cdl»

Emiliano Farina

da Roma

La «discontinuità con il vecchio governo» è una passeggiata a Beirut dopo la fine dei bombardamenti.
Più che una fotografia, quella che ritrae il vicepremier Massimo D’Alema a braccetto con il deputato di Hezbollah (Hussein Haji Hassan) sullo sfondo dei palazzi sventrati dai missili israeliani, è il nuovo manifesto con cui l’Unione intende gestire la politica estera. Almeno secondo Giovanni Russo Spena, capogruppo di Rifondazione al Senato, che loda la la scelta del ministro degli Esteri e le dichiarazioni sul disarmo delle truppe del Partito di dio. «È la dimostrazione - dice il senatore - di quanto sia profonda la discontinuità dell’attuale governo rispetto a quello precedente».
Una posizione che preannuncia il sì della segreteria di Rifondazione sull’invio del contingente militare nel Paese dei cedri. L’ala della sinistra radicale che più sta facendo penare Romano Prodi sul via libera alle missioni internazionali, commenta così la decisione. «Per la prima volta - è scritto in una nota - si interrompono l’unilateralismo e la scelta della guerra preventiva come strumento di dominio». Tra i punti più importanti, secondo Prc, «l’eventuale disarmo di Hezbollah, un compito che non riguarda la competenza della forza Onu ma le autorità legittime del governo libanese. Ora dobbiamo pensare alla ricostruzione del Paese e alla nascita dello Stato palestinese».
Tra i componenti della sinistra radicale lontani dal criticare le scelte strategiche di D’Alema, c’è Pietro Folena, deputato indipendente eletto nelle file del Prc: «L’Italia non andrà in Libano a combattere. Le accuse al vicepremier sono ridicole e il membro di Hezbollah con cui è stato ritratto a braccetto è un deputato del governo libanese». Segue a ruota Marco Rizzo, europarlamentare dei Comunisti italiani. «Servono regole chiare e il rispetto della Costituzione. Per la stabilità del Medio Oriente - conclude - occorre che la Palestina abbia uno Stato». In un’intervista al Corriere, ieri Oliviero Diliberto (Pdci),ha apprezzato il gesto di D’Alema («Se si vuole la pace bisogna trattare con tutti») definendo «una pura pazzia il disarmo degli hezbollah perché significherebbe fargli la guerra».
Alfonso Pecoraro Scanio, presidente dei Verdi, accusa di «inaccettabile cinismo» la Casa delle libertà. «Aiutiamo la pace e la democrazia: il disarmo di hezbollah non spetta a noi». A ribadire le posizioni del collega di partito, ci pensa Paolo Cento: «Le condizioni poste da Berlusconi sul “disarmo delle milizie terroriste” sono inaccettabili perché contrastano con la risoluzione Onu e hanno come obiettivo quello di far diventare l’Italia non una forza di pace ma un esercito in guerra schierato a favore di una parte contro l’altra».
A mettere il sale sulla coda dell’Unione, è però Marco Ferrando, ex Prc: «Francia e Italia portano in dote a Usa e Israele le proprie entrature in Libano per favorire la sua sottomissione al nuovo “grande Medio Oriente” ideato da Washington e Tel Aviv. È questo il nuovo multilateralismo di cui parla il governo? C’è una sinistra disposta a dire no?».
Intanto, i dissidenti di Rifondazione (Franco Turigliatto e Salvatore Cannavò in testa), minacciati di essere messi alla porta dal partito in caso di voto contrario, giocano d’attesa.

«Domani (oggi, ndr) non parteciperò alla riunione delle commissioni congiunte Esteri e Difesa - annuncia Cannavò - sia per ragioni familiari, sia perché voglio evitare un sì o un no secco sulla missione».

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