Adalberto Signore
da Roma
Mancano pochi minuti alle quattro del pomeriggio quando, scuro in volto e con una corposa cartella bianca sotto braccio, Silvio Berlusconi prende posto nella sala stampa di Palazzo Chigi. Con lui ci sono i ministri Gianfranco Micciché, Pietro Lunardi e Claudio Scajola e il sottosegretario alla presidenza Paolo Bonaiuti, pronti a illustrare gli stanziamenti per le grandi opere decisi in mattinata dal Cipe. Il premier, però, apre la cartella e tira fuori un pacchetto di fogli che inizia a battere ripetutamente sul tavolo. «Devo fare una premessa», annuncia serio mentre tra le mani si scorge la prima pagina del Corriere della Sera sottolineata a dovere.
«Schiere di squadristi». Il jaccuse del Cavaliere è durissimo, prima contro i giornali e poi contro la sinistra. A Berlusconi, infatti, la lettura mattutina dei quotidiani («di molti», dice mostrando la prima del Corriere e poi citando il Messaggero) proprio non è andata giù. Perché, spiega, «non sono niente affatto contento dei titoli». Che scandisce con tono grave: «Berlusconi contestato a Genova, Berlusconi contestato, A Genova contestato Berlusconi». Ma, dice alzando la testa e riordinando i fogli tra le mani, «a Genova non è stato contestato Berlusconi che, invece, ha avuto seimila persone ad ascoltare i suoi proclami per il futuro in una pacifica e democratica riunione». «A Genova - attacca - dei violenti hanno usato la violenza e linsulto, resistendo anche alle forze dellordine, intervenendo in una civile campagna elettorale attraverso atti di insubordinazione, violenza ed eversione». «Se diciamo che questa è una contestazione a un leader - aggiunge - non sappiamo più dove si arriva». Ma le parole più dure Berlusconi le riserva per la sinistra, il cui comportamento, dice, è «inaccettabile» esattamente come lo sono «i fatti» di Genova. Secondo il premier, infatti, è lopposizione che «tollera nel proprio ambito chi pratica normalmente la violenza anche per cercare di vietare a un avversario politico di esporre i suoi programmi». Insomma, la contestazione di Genova a opera di quelle che il premier bolla come «schiere di squadristi» sarebbe stata letteralmente orchestrata dal centrosinistra. «Non credo sia spontaneismo - dice - perché ormai è diventata una regola ovunque mi rechi per fare incontri elettorali. E le forze dellordine mi dicono che sono tutte manifestazioni organizzate». Non solo per «offendere il premier dandogli del mafioso o dellassassino», spiega, ma «per interrompere con la violenza manifestazioni» pacifiche.
«Emergenza democratica». Sembrava finita così, ma dopo mezzora dedicata al Cipe, il premier riprende la parola e attacca lopposizione che «ha come unica arma contro il governo la falsità e il ribaltamento della realtà». «Se ci aggiungo la violenza che viene perpetrata contro di noi - conclude - credo davvero che siamo in una situazione di emergenza democratica». Tace, invece, su Luciano Violante («cè un giro di mafia vicino a lui... », aveva detto del premier a Radio radicale). Perché alla prima domanda, sempre con il volto tirato, Berlusconi si alza e lascia la sala stampa («non voglio rispondere... »). Insomma, dopo lexploit di Vicenza e i toni ben più contenuti di Genova, il premier torna di nuovo alla carica. Trovando ampio consenso tra gli alleati, primo fra tutti la Lega (Roberto Calderoli parla di «squadrismo rosso»). LUnione, dal canto suo, cerca di tenere bassa la tensione, per non offrire una comoda sponda al premier ma pure perché gli equilibri con larea della sinistra più radicale restano comunque un punto delicato. Così, Romano Prodi si limita a dire di aver condannato subito «le violenze», mentre per quel che riguarda «gli insulti» sono «cose che in democrazia capitano» a tutti.
LEuropa. Il premier, intanto, medita una nuova uscita «forte» al Consiglio Ue che si apre oggi a Bruxelles.
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