Politica

La sinistra si inventa le leggi razziali

Il leader Pd lancia l'allarme xenofobia ed evoca il rischio fascismo. Ma in Europa le misure anti-immigrazione sono molto più severe. In Francia, Germania e Regno Unito la clandestinità è punita con carcare e ammende

Voi non lo sapete, ma stiamo per ripiombare in pieno Ventennio. Non subito, perché la Camera ha rinviato di una settimana il voto sul disegno di legge per la sicurezza (con l’effetto collaterale che altri 250 clandestini diventeranno uccelli di bosco: che volete farci, la burocrazia parlamentare esige i suoi tributi). Ma infallibilmente giovedì in Italia torneranno le leggi razziali. Chi l’ha detto? Ma Dario Franceschini, perbacco. Sì il segretario del Pd, quello che conosce così bene il Paese da confondere i trentini con i friulani. Lui ha solo certezze: «Il centrodestra strumentalizza la paura per tornare alle leggi razziali 70 anni dopo». «C’è stato già un momento nella nostra storia», ha tuonato l’uomo che sta spavaldamente guidando l’opposizione su un binario morto, «in cui molti bambini sono stati cacciati dalle scuole per la loro religione».

E qui, forse, il lettore più attento avrà già avuto un sussulto. Ma come, non si era detto e scritto che il testo era stato emendato in modo da consentire anche ai figli dei clandestini di frequentare le nostre scuole? Proprio così. In nome del superiore principio del diritto all’istruzione, la «brutta e becera maggioranza di centrodestra» ha accettato di derogare al principio di legalità, in base al quale se la clandestinità è un reato, gli autori del medesimo andrebbero denunciati. Nei fatti, di fronte al sistema scolastico, gli immigrati irregolari sono e rimarranno «più uguali» degli italiani, dovendo questi ultimi presentare all’atto dell’iscrizione una serie di documenti (dal codice fiscale ai certificati delle avvenute vaccinazioni) che i primi, non possedendoli, sono ovviamente esentati dal produrre. Franceschini lo sa benissimo. Ma impegnato com’è a gettare sabbia negli occhi dei cittadini per impedir loro di vedere quel che (non) sta facendo, finge di ignorarlo. E fa l’unica cosa che sembra riuscirgli: grida. Così: «Si torna alle leggi razziali».

Bene, andiamo a vederle queste leggi razziali. Depurate, come detto, dall’obbligo di presentare il permesso di soggiorno per accedere ai pubblici servizi. E con il ribadito divieto ai medici di denunciare gli irregolari. Che cosa resta? Al di là di una norma antiracket (razzismo nei confronti dei mafiosi?), la regolamentazione delle cosiddette ronde, l’introduzione del reato di clandestinità e la possibilità di prolungare da due a sei mesi la permanenza degli immigrati nei centri di identificazione e (eventuale) espulsione.

Sulle ronde sono già stati versati fiumi di inchiostro ipocrita. Tutti sanno (e il Giornale l’ha documentato con una serie di servizi) che una sorveglianza del territorio da parte di cittadini volontari viene organizzata già ora in innumerevoli Comuni, moltissimi dei quali guidati da giunte di sinistra. Il furbesco stracciarsi le vesti perché ora il ministro dell’Interno potrà disciplinare e integrare queste pattuglie con appartenenti alle forze dell’ordine non merita di esser preso troppo sul serio. Nei fatti, sopravvive solo grazie all’infelice nome d’eco fascista che è stato appiccicato a questi presidi spontanei: li avessero chiamati «assemblee democratiche all’aperto» non ci sarebbero problemi.

Il reato di clandestinità, dunque: lì deve celarsi la bestia xenofoba che con tanta decisione denuncia Franceschini, non c’è dubbio. E invece, se si va a guardare la faccenda da vicino, qualche dubbio salta fuori. Già, perché in gran parte dei Paesi della civilissima Europa che la nostra opposizione sbandiera a ogni piè sospinto come virtuosa pietra di paragone davanti al ciarpame italico (quando non governa la sinistra, va da sé...) il reato di clandestinità esiste da tempo. C’è in Svizzera, c’è in Belgio, c’è persino in Olanda. Nella britannica culla della democrazia è in vigore dal 1971 e prevede fino a sei mesi di reclusione più ammenda fino a 5mila sterline. La Francia a noi tanto cara, dolce rifugio di terroristi (pardòn, perseguitati politici) stabilisce invece un anno di reclusione più 3700 euro di multa. Ma se dopo l’espulsione il clandestino rientra, gli anni di galera diventano tre. Da uno a tre anni in cella anche in Germania. E nell’Italia pronta a rimettersi l’orbace? Niente carcere, il disegno di legge che istituisce le leggi razziali prevede solo un’ammenda.

Delusi? Beh, proviamo con la «detenzione» nei centri di identificazione. Come si comportano i vicini? La Spagna, tra reti di filo spinato, radar, pattuglie che non esitano ad aprire il fuoco su chi tenta di entrare illegalmente ed espulsioni di massa, non si pone il problema: di questi centri gli iberici non hanno bisogno. Anche i francesi si affidano più che altro alle espulsioni, che vengono programmate: 20mila nel 2005, 25mila nel 2008, quest’anno la «quota» da raggiungere è di 27mila. Come dire: caccia al clandestino. In Germania gli irregolari possono essere trattenuti nei centri di accoglienza per un anno e mezzo. In Gran Bretagna non c’è limite: finché non vengono identificati ed espulsi. Quindi anche tutta la vita. Noi, come detto, stiamo con enorme fatica portando da due a sei mesi il periodo concesso alle forze dell’ordine per identificare e cacciare l’immigrato che non ha diritto a restare in Italia.

E forse a questo punto il sospetto è venuto anche a voi: non è che ’ste leggi razziali le ha scritte Walter Veltroni?

Commenti