Sloi Machine: quando Trento rischiò di finire come Seveso

Matteo Failla

Quarant’anni di storia industriale tra malattie e lotte operaie. Il racconto di una fabbrica che brucia e che rischia di cancellare una città. Un monologo drammatico e reale. È quanto va in scena fino al 28 novembre al Teatro Libero, quando Andrea Brunello, con la regia di Michela Marelli, presenterà il suo Sloi Machine, un monologo di denuncia che affronta uno dei capitoli più neri della storia industriale e operaia del Trentino, ma anche dell’Italia.
Nelle parole di Brunello – e di Michela Marelli, co-autrice dello spettacolo firmato dalla Compagnia Teatro Bambs - affiora il dramma di migliaia di operai che hanno vissuto per anni in condizioni disumane tra le mura della Sloi (Società lavorazioni organiche inorganiche), la cosiddetta fabbrica dei veleni. Le istituzioni ai tempi tacquero, tanti operai si ammalarono facendo il proprio lavoro (325 casi di intossicazione acuta), Trento rischiò la catastrofe quando nel luglio del ’78 scoppiò un violentissimo incendio che per poco non causò una nube tossica in grado di uccidere in un istante la popolazione della città. Ancora oggi alcune falde sono inquinate dal sodio della Sloi.
«Quante volte siamo spettatori o attori di eventi potenzialmente devastanti - afferma Brunello - eppure preferiamo far finta di niente? Preferiamo pensare che le cose si risolveranno da sole, che non accadrà nulla di grave. Questo atteggiamento è stato costante da parte di tutti, protagonisti e comparse, nella storia della Sloi».
«Lo spettacolo - continua - ripercorre la storia della fabbrica trentina e dei suoi rapporti con le maestranze e le istituzioni: prona ubbidienza da una parte, connivenza, sottovalutazione, monetizzazione del rischio dall’altra.

Puntualizza tutti i momenti storici di possibile svolta, di necessario cambiamento in cui si è preferito continuare ad andare avanti sulla larga, fruttuosa strada del “continuiamo così”, sperando che vada per il meglio. Fino alla catastrofe finale, evitata per un soffio».

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