Prima un brivido freddo ti scorre lungo la schiena. Poi il senso di capogiro, infine il panico: lagenda, miodio, con tutti i numeri, come li ritrovo? E le foto ricordo? E messaggini da scolpire sulla roccia tanto sono importanti... Alla fine ti sovrasta il panico e arriva lo smarrimento. Ci sentiamo soli. Ormai siamo ridotti così: perdere il telefonino (magari lultimo modello dellultima marca alla moda) è come perdere un amico prezioso. Fedele, come il nostro cane. Esagerazioni? Sono gli americani a dircelo. Con uno studio scientifico.
Alcuni ricercatori delluniversità del Kansas cooordinati da Esther Swilley, si sono domandati che tipo di «relazione» intratteniamo con i nostri cellulari. Così sono andati a intervistare un gruppo di studenti di college fra i 18 e i 24 anni e hanno scoperto che questi giovani nutrono verso l'apparecchio elettronico un sentimento gratitudine, quasi di amore. E non chiamatelo volgarmente telefono, per carità. La comunicazione verbale è solo optional tra i tanti. Il cellulare è molto di più, è il mezzo per mettersi in relazione con lesterno e gli altri. Spiega la Swilley: «La maggioranza dei ragazzi dichiara che il telefonino è una parte di loro stessi e lo apprezza non tanto per la possibilità di comunicare con gli altri, quanto perché è diventato uno strumento che semplifica la vita». Con le sue molteplici funzioni, infatti, «diverte» o «intrattiene» grazie alla possibilità di giocare, ascoltare musica, navigare in rete. «Non mi sorprende - conclude la scienziata - che le applicazioni per smartphone più scaricate siano proprio i giochi». Insomma, secondo la ricercatrice statunitense, la possibilità di divertirsi col telefonino lo ha fatto diventare una fonte di gioia e orgoglio. Proprio come se fosse un cagnolino che gioca con noi e ci rende fieri di lui e delle sue tante capacità. «Il cellulare è diventata la versione adulta dei Tamagotchi, quella sorta di cuccioli virtuali che andavano di moda per i bambini qualche tempo fa - afferma la Swilley -. La gente non lo spegne mai, se lo tiene sempre in mano, non sa resistere alla tentazione di mostrarlo agli altri per vantarsene. Non è più qualcosa che ci serve, ma un compagno di vita e di giochi». Così, ecco spiegato perché leventualità di perderlo è unipotesi devastante per molti. La stessa Swiley ricorda la sua esperienza diretta. «Ho lavorato per tre anni per unazienda che ai dipendenti forniva un blackberry. Quando me ne sono andata e ho dovuto separarmi dal mio telefonino ho quasi pianto: ci ero visceralmente attaccata, separarmene è stata durissima». Reazione comprensibile.
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