Milano - Assolto dall’accusa di corruzione in atti giudiziari. Di più, assolto con formula piena per entrambi i capi d’imputazione. Oltre undici anni di odissea evaporati nella sentenza d’appello del tribunale di Milano. Non fu Silvio Berlusconi a tenere «a libro paga» il giudice romano Renato Squillante, né fu lui a pagare 100 milioni di lire per pilotare la compravendita della «Sme». Così stabiliscono i giudici della seconda Corte d’appello, dopo poco più di tre ore di camera di consiglio.
Il tribunale, dunque, assolve l’ex premier «perché manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussite, o che l’imputato lo ha commesso» (comma 2 dell’articolo 530 del codice di procedura penale) in relazione al cosiddetto «bonifico orologio », quei 434mila dollari che - secondo la Procura - uscirono da un conto riconducibile alla Fininvest in Svizzera (il conto «Ferrido», foraggiato da «All Iberian»), transitati su un conto di Cesare Previti («Mercier»), per arrivare al giudice romano Renato Squillante («Rowena»). In altri termini, è accertata la corruzione ma non la responsabilità dell’ex premier. Che, per lo stesso capo d’imputazione, era stato prosciolto in primo grado con il riconoscimento delle attenuanti generiche e il reato estinto per intervenuta prescrizione.
Assoluzione «perché il fatto non sussiste», invece, in riferimento al cosiddetto «bonifico Barilla»: 100 milioni di lire intascati da Squillante nel 1988 che - secondo la tesi del procuratore generale Pietro De Petris - sarebbero transitati da un conto di Pietro Barilla, attraverso Cesare Previti, per bloccare l’accordo tra Romano Prodi e Carlo De Benedetti sulla compravendita del colosso alimentare di Stato. Ed era stato lo stesso Pm d’appello a chiedere di scagionare Berlusconi per quest’ultima accusa, motivando che gli altri imputati (tra cui l’ex giudice romano Filippo Verde) erano stati assolti in primo e secondo grado. Per il «bonifico orologio», invece, De Petris aveva chiesto che l’ex premier fosse condannato a 5 anni. Una richiesta disattesa dalla Corte: Berlusconi non fu - come sostenuto dal Pg nel corso della requisitoria - il «motore della corruzione».
Alla Procura generale, ora, resta il ricorso in Cassazione. Ma la sentenza pronunciata ieri è la pietra tombale di questo processo. «È un grande risultato che arriva dopo oltre undici anni di fatiche», commentano fuori dall’aula i legali del Cavaliere, gli avvocati Niccolò Ghedini e Gaetano Pecorella. E la prima telefonata è proprio per Berlusconi. «Un uomo - riferisce Pecorella - che per tutti questi anni è stato nel mirino e che è stato accusato mille volte, posso dire che oggi era emozionato. Questa è una grande vittoria della giustizia». «Berlusconi è stato riconosciuto completamente estraneo a ogni accusa - aggiunge Ghedini -. Questo processo ha inciso sulla vita politica italiana, perché c’era una grande pervicacia da parte dell’accusa nel portarlo avanti. In una situazione normale questo processo non sarebbe arrivato neanche all’udienza preliminare. Dopo tanti anni è risultato che Silvio Berlusconi è completamente estraneo alle accuse».
Si chiude così un processo consumato nel corso di innumerevoli udienze. A partire dalla prima, davanti al Gup, sepolta da nove anni di storia giudiziaria. È il 1998. Tre anni prima, Stefania Ariosto (il teste «Omega», compagna del deputato di Forza Italia Vittorio Dotti) comincia a raccontare ai magistrati milanesi del giudice Squillante e di quello che definisce «l’ambiente romano». Le prime deposizioni alla Guardia di finanza sono del marzo ’95. Nel luglio dello stesso anno, la Ariosto firma un verbale che registra le sue dichiarazioni. Racconta di «dazioni di denaro a casa Previti», di «una busta consegnata da Previti a Squillante», dell’intenzione dello stesso Previti di «creare una lobby di giudici su cui contare». Dichiarazioni raccolte dalla Procura di Milano, che apre un fascicolo su Silvio Berlusconi, Cesare Previti e Attilio Pacifico. Concorso di corruzione in atti giudiziari, il reato ipotizzato. Il 12 marzo 1996 vengono arrestati Squillante e Pacifico. L’autorizzazione all’arresto di Cesare Previti viene negata dalla Camera, mentre Berlusconi è rinviato a giudizio per concorso in corruzione. L’inchiesta «Sme», in udienza preliminare, viene accorpata al procedimento principale relativo ai presunti casi di corruzione dei giudici romani denunciati proprio dal teste «Omega».
Nasce così il processo Sme-Ariosto. La posizione di Berlusconi viene stralciata quattro anni fa, il 16 maggio del 2003. Il 12 novembre 2004, ilpm Ilda Boccassini ne chiede la condanna a otto anni di reclusione per corruzione semplice. Il 10 dicembre dello stesso anno, dopo 31 ore di camera di consiglio, il tribunale di Milano dichiara prescritta l’accusa per Berlusconi per il versamento di denaro a Squillante, e assolve in relazione a «Sme» perché «non vi è prova certa della corruzione » dell’ex giudice Verde.
Nel marzo di quest’anno, infine, comincia il processo d’appello stralcio a carico del Cavaliere. Storia di una preistoria. A undici anni dall’inizio dell’inchiesta. Dopo un fiume di udienze nelle aule del tribunale di Milano. Da dove, per la vicenda «Sme», Silvio Berlusconi esce definitivamente. Assolto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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