Nell’avvicinarsi del Natale mi immagino di vedere venire in confessionale Babbo Natale. Il vecchio dai folti capelli bianchi candidi come la lunga barba, comincia a parlare con la sua voce calda come il rosso sangue del suo vestito. Mi confida che più che peccati vuole confessare una amarezza interiore, giustificandosi che anziano, appesantito e con tutto il lavoro che deve fare per i bambini non può che essere contagiato dal bene che vede luccicare nei loro occhi. Mi verrebbe da rispondergli: «Oh oh ooooh».
Ciò che gli genera malessere è che gli è stata scippata l’identità.
Che peccato! Comincia così a raccontarmi la sua storia. Mi dice che si chiama Nicola ed è originario della Turchia. Scopro, inaspettatamente, che era un collega prete, anzi addirittura Vescovo di Myra (che oggi si chiama Demre, nella regione di Antalya, sulla costa meridionale). Era un pezzo grosso, tanto che nel 325 fu addirittura a Nicea tra i partecipanti al primo Concilio della storia. Un giorno venne a sapere che un padre, caduto in fallimento, maltrattava le tre figlie e voleva farle prostituire per pagare i suoi debiti. Nel nascondiglio, di notte, andò a bussare all’abbaino della soffitta dove dormivano le ragazze, lasciando per loro un sacchetto di monete d’oro sul davanzale, perché potessero costruirsi una vita liberata, realizzata, amata, avendo il necessario per scappare dalle vessazioni, potersi sposare e recuperare dignità. Nicola aveva trasformato in gesto di aiuto le offerte della sua comunità che era in preghiera nell’attesa della nascita di Gesù. Per questo suo grande cuore fu ritenuto santo, «San Nicolaus». Tempo dopo però cominciarono problemi di identità tanto da incolparsi e domandarsi se fosse caduto in un serio peccato da confessare: quello di non avere difeso la sua verità adeguando i pensieri alle comodità e facendosi contagiare il cuore dalla tentazione golosa dell’apprezzamento a tutti i costi. «Cosa è successo?». La mia curiosità ribolle. Nel 1800 una poesia di Clement Clarke Moore lo aveva reso famoso, ma tutta l’attenzione era stata dirottata sul gesto di generosità e non sulle intenzioni che lo avevano mosso. La dimostrazione era che il suo nome da Vescovo era stato cambiato in quello di un personaggio anonimo più avvolto dalla magia: «Santa Claus». Il suo essere cristiano (o addirittura consacrato) era diventato secondario, anzi inutile nel racconto. Allo stesso modo il piccolo prezioso cartoccio, frutto di sacrifici illuminati dalla fede e gesto di salvezza e di redenzione, era stato trasformato in un sacco pieno di regali per tutti, decisamente più luccicanti e meno impegnativi, disinnescando ogni rischio di smuovere le coscienze. Non finisce qui.
Nel 1931 la sua immagine (e non più i suoi valori) fu ritenuta simpaticamente intrigante da Coca Cola per raggiungere tutte le case e i gusti delle persone. Su qualcosina però c’era da lavorare.
Il mantello di velluto rosso del Vescovo (che richiama quello con cui è stato avvolto Gesù nella passione) era scomodo e anacronistico, quindi fu accorciato in giacca, decisamente più trendy. Il cappello a punta (la mitria) venne rammollito e ci fu attaccato un divertente pon pon. Infine al posto della veste erano sicuramente più comodi i pantaloni. Restava il gesto del dono, restava un «sacco» di generosità, ma che lo avesse ispirato la nascita di Cristo non c’era traccia. Che peccato! Insieme al Vescovo San Nicola - o a Babbo Natale che dir si voglia - mi viene da considerare come il Natale sia stato scippato a Gesù! Si fanno gli auguri a tutti, attenti a non dimenticare nessuno, eppure il compleanno è il suo e di lui nemmeno ci si ricorda. Chi fa gli auguri a lui? La festa è la sua e nemmeno lo invitiamo. Al massimo passiamo alla svelta da casa sua (in chiesa) per un saluto. Caro Gesù, non c’è posto per te, il mondo è freddo, buio, disordinato. Mi sembra che nei comportamenti assomigliamo di più agli animali che agli angeli. La realtà è una stalla, insomma, e per di più a volte puzza.
I rapporti sono gelidi. Le prospettive sono buie, si cammina nella notte. Ma, a pensarci bene, è esattamente come a Betlemme: la stalla, la puzza, gli animali, il buio, il freddo.
Proprio come il mio amico Nicola mi ha insegnato. Auguri buon Natale!