Il sociologo De Masi: "Sono gli imprenditori il nuovo proletariato"

Per Domenico De Masi, sociologo del lavoro all’Università La Sapienza di Roma, la tragedia di Bologna e quelle che hanno coinvolto altri imprenditori si spiegano con l’isolamento

À la guerre comme à la guerre: p. E si combattono tutti insieme.er Domenico De Masi, sociologo del lavoro all’Università La Sapienza di Roma, la tragedia di Bologna e quelle che hanno coinvolto altri imprenditori si spiegano con l’isolamento

«Nell’era della globalizzazione, gli imprenditori sono il nuovo proletariato. Ci vorrebbe un nuovo Marx, che insegni loro quello che gli operai hanno imparato allora: che da soli non ci si salva, e che bisogna studiare per sapere chi sono le controparti, che oggi magari stanno in India o in Cina, e chi i veri alleati da cercare. Altrimenti, l’esito è la disperazione e la violenza: contro gli altri o contro se stessi».

Ma non è un paradosso, parlare di lotta di classe per gli imprenditori?
«Nient’affatto. È chiaro che i ruoli sono diversi: ma lo Stato che non paga i debiti a un piccolo imprenditore in difficoltà, è un avversario. È vero invece che non c’è più la lotta di classe all’interno delle piccole aziende, specie in provincia. Lì imprenditore e operai vanno al bar insieme, festeggiano la prima comunione dei rispettivi figli, c’è una vicinanza costante. Ed è proprio per questo che succedono le tragedie».

Perché ci si vergogna?
«Certo, paura e vergogna di essere costretti a licenziare i propri compagni di lavoro, le persone che dipendono da te. È ben diverso da quello che accade quando fallisce una grande azienda».

Ma come è possibile arrivare al punto di darsi fuoco, come è accaduto a Bologna?
«Questo appartiene alle dinamiche psicologiche. Ma posso supporre che si sia trattato di una forma di imitazione di suicidi spettacolari di cui si occupano i media, come sta avvenendo in Tibet».

Quindi dobbiamo prepararci ad altri casi?
«Bisogna prendere atto che siamo alle prese con un mondo che cambia continuamente, dove l’economia divora la politica e la finanza divora l’economia, ben diverso da quello in cui molti italiani hanno aperto la loro impresa, magari vent’anni fa, quando il Pil cresceva di cinque punti all’anno. Allora fare l’imprenditore era più facile: oggi è diventato un mestiere terribilmente difficile. Ci vuole genialità, e non tutti sono geni. Ed è comprensibile che qualcuno voglia gettare la spugna».

Come si può prevenire?
«A parte gli

interventi economici, che però spesso arrivano tardi, io credo che troppo spesso gli imprenditori lavorano 24 ore su 24 e non hanno tempo per aggiornarsi e adeguarsi ai cambiamenti. E invece è l’unica risposta possibile».

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