Il sociologo di sinistra: il governo non ha tradito il Contratto del 2001

Guido Mattioni

«I dati dimostrano che ha fatto molto più di quanto ammetta la sinistra e persino di più di quanto la gente creda». Il soggetto, ovvero colui «che ha fatto», è il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il giudizio riportato tra virgolette, invece, non è farina dell’ufficio stampa di Forza Italia, ma è tratto da un libro appena uscito: Tempo scaduto. Il Contratto con gli italiani alla prova dei fatti, edizioni Il Mulino. Quanto all’autore, non è certo un supporter della Casa delle libertà. È Luca Ricolfi, torinese, docente di Sociologia, ma soprattutto un intelligente intellettuale di sinistra (l’aggettivazione non è pleonastica, dato che non tutti gli intellettuali sono soltanto per questo anche intelligenti). Organico, si diceva una volta. Nel suo caso sarebbe ingeneroso, dal momento che Ricolfi, pur senza aver mai rinnegato la sua collocazione, si è sempre riservato diritto e libertà di dire le cose come stanno. O almeno come le vede lui.
Lo conferma del resto anche un altro suo volume di successo, uscito lo scorso anno (Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori, Longanesi editore), responsabile di ben più di un attacco di orticaria, soprattutto nel partito dei Democratici di sinistra. Che non devono essersi piaciuti affatto, guardandosi nello «specchio» sorretto da Ricolfi.
L’ultima sua fatica letteraria, dedicata al lavoro svolto in questi ultimi cinque anni dal governo Berlusconi, è un approfondito lavoro di analisi basato sui dati, senza cioè paraocchi ideologici o antipatie precostituite. Ma, ovviamente, senza nemmeno concedere sconti. Un’analisi che è anche originale in quanto parte da quella che pur tra i frizzi e lazzi del “Partito Anti Silvio”, è stata nei fatti e nei modi un’originale provocazione. Ovvero quel Contratto con gli Italiani siglato ufficialmente dal premier l’8 maggio 2001 con il Paese (e davanti al Paese) nel salotto catodico di Bruno Vespa.
Per i soliti geni della satira a senso unico fu una sceneggiata. Per i fedelissimi del centrodestra un colpo di genio. Mentre, forse, la definizione più corretta e oggettiva è che quel Contratto, messo così nero su bianco, rappresentò anzitutto e soprattutto un’inedita rottura dei soliti ingessatissimi riti della politica italiana.
Circostanza riconosciuta del resto dallo stesso autore, là dove scrive che «se non siamo accecati dall’odio, a Berlusconi e al suo “contratto” possiamo tranquillamente riconoscere di non aver promesso l’impossibile e comunque di aver reso più concrete, più chiare e quindi più verificabili le promesse dei politici».
Quanto ai risultati del lavoro di Ricolfi, il suo voto finale sull’operato di Berlusconi e sulle promesse che è riuscito a mantenere rispetto ai cinque punti contenuti nel Contratto (Tasse, Reati, Pensioni minime, Posti di lavoro, Grandi opere), si traduce in un abbondante 60%. E la sinistra «sbaglia» - sottolinea Ricolfi - quando si rifiuta di riconoscere questi dati.
La percentuale finale è ricavabile facendo la media tra le diverse voci. Si va dal 100% di impegno mantenuto innalzando ad almeno un milione di vecchie lire (516,46 euro) il trattamento mensile minimo di quiescenza, al 68,4% portato a casa sul fronte dei cantieri aperti per la realizzazione delle grandi opere di viabilità; dal 55,6% raggiunto sull’obiettivo della riduzione del carico fiscale, all’81,7% ottenuto sul fronte dell’occupazione con la creazione di nuovi posti di lavoro. Che - sottolinea Ricolfi - sono in stragrande maggioranza veri, a tempo indeterminato e non precari come predica la sinistra. Manca una voce, quella relativa alla criminalità. Ed è proprio lo zero tondo qui assegnato da Ricolfi ai risultati di Berlusconi, ad aver abbassato di molto la media. Una bocciatura in una materia che, del resto, è difficilmente «quantificabile».


Tuttavia, se non ci fossero stati quelli che l’Autore stesso chiama «imprevisti genuini», ovvero l’entità del buco di bilancio ereditato dal governo di centrosinistra e la stagnazione globale dell’economia, con un Pil che si troverebbe di conseguenza a livello 106 anziché all’attuale 103 (fatto 100 il dato di partenza del 2001), «anche la promessa occupazionale e la promessa fiscale risulterebbero onorate più o meno al 100% - commenta il sociologo torinese. - Dunque, Berlusconi potrebbe plausibilmente affermare di aver mantenuto 4 promesse su 5, ossia tutte eccetto quella sulla riduzione dei reati».

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