Politica

«Da Sodoma a Sodano»: la parabola di Vendola

Ieri in prima fila, diverso da quello che demoliva le ragioni del clero sui gay

Giuseppe Salvaggiulo

Da fustigatore dell’oscurantista cardinale Ratzinger al devoto rapito dal «discorso molto ispirato» di Benedetto XVI. Una settimana dopo aver preso la comunione dalle mani del presidente della Cei Camillo Ruini, ieri Nichi Vendola ha compiuto la sua parabola mistica, assistendo in prima fila alla messa celebrata dal Papa. Al quale ha proposto a mezzo stampa di «lasciare alle spalle le aspre polemiche del passato», chiedendo aperture sulle unioni gay, «ma nel solco della millenaria vicenda della fede cristiana».
Com’è diverso, il compito governatore pugliese Vendola, dall’irruento Nichi di qualche anno fa. Quello che nel pieno delle polemiche sul Gay Pride scriveva su Liberazione un corsivo intitolato «Da Sodoma a Sodano: il magistero dell’intolleranza», in cui sosteneva che «la superbia antistorica degli eredi della Santa Inquisizione - i Sodano, i Ruini, i Ratzinger - non tollera che l’orgoglio gay possa sfilare per le strade di Roma (...) i più autorevoli ministri del Vaticano si comportano come la curva sud di un’intolleranza che ci invade e ci ferisce (...) questo ricatto inaccettabile profuma di fascine e di roghi. È violenza, istigazione alla violenza, palese violazione dei diritti umani, da parte di chi sulla croce dei propri pregiudizi e della propria ignoranza inchioderebbe senza esitazione sentimenti, dignità vita» (16 febbraio 2000).
Uno scritto «gonfio di pena e dolore» per i «precetti medievali di Sodano». Come quello che il 6 settembre denunciava «l’onnipotenza di una Chiesa preconciliare, mondana, secolarizzata nei suoi peccati di temporalismo, dogmatica e superstiziosa nei suoi catechismi vuoti d’amore, nella sua boria senza Dio, nel suo autoritarismo povero di buone novelle. Rasputin comanda in Vaticano, ed è un pessimo epilogo per il controverso pontificato di Giovanni Paolo II (...) Ratzinger è l’uomo chiave di questa congrega castale e organica ai poteri forti del mondo contemporaneo, il Dominus Jesus è un pezzo di letteratura medievale, il reperto fresco di stampa di un’archeologia sacerdotale». Il 15 settembre: «Scendono in campo, impuniti, i porporati del terrore d’Oltretevere, i giacobini d’una teocrazia che mette l’aureola in testa ai carnefici, i profeti di un dogma premoderno e intrinsecamente blasfemo. Sodano, Ruini, Ratzinger, questa trinità inquisitoria e violenta, assediano il tramonto di Wojtyla e spargono uova di serpente nei nidi di un magistero superbo (...) la fede pulp prepara le sue croci uncinate».
Ieri Vendola ha confessato: «Benedetto XVI mi fatto una grande impressione, che non so esplicitare perché prevale l’urto emotivo e la grande gioia». Non trova le parole.

Ora.

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