Il sogno proibito del Marchese del declinismo

Non vorrei sembrare troppo insistente ma voglio tornare sul tema Montezemolo. Lei ha scritto che ambisce a essere il capo di un comitato di salute pubblica, potrebbe precisare meglio?


Si dice che il marchese di Montezemolo contempli l’idea di raccogliere il Paese dal rigagnolo nel quale egli crede sia finito e di caricarselo sulle spalle dandogli, per il sol fatto di tenerselo a cavalcioni, quel lustro, quello sprint che gli mancherebbe. Vagheggi, insomma, di guidare un governo di unità e salvezza nazionale. Pensi un po’ lei, caro Morpurgo. Non ci bastava la minaccia di esser governati dal testa quedra che oltre a bombardarla di tasse piomberebbe l’Italia nella mestitudine, nell’accoramento serioso e mezzomanicheista per cui ogni giorno sarebbe quaresima. C’è anche il seppur remoto azzardo d’esser governati dal vagheggiante marchese di Montezemolo. Niente di personale, s’intende: l’uomo, che diresti carrozzato Pininfarina, la sua filante figura la fa. Quella che lascia dubbiosi è la contraddizione del suo essere. Mi spiego: Montezemolo è oggi il capintesta di quella scuola di pensiero che si definisce declinismo. Secondo la quale l’Italia, già scivolata nel Terzo mondo, si appresta a precipitare nel Quarto. Gli impianti industriali arrugginiscono; una via l’altra le banche, a secco di contante, si riconvertono in bocciofile; sotto i ponti non c’è più un posto perché lì ha trovato rifugio metà della popolazione; stuoli di madri di famiglia bussano all’uscio dei Monti di pietà per impegnare le lenzuola e la catenina della prima comunione; mancano i pochi spicci per il latte ai bambini, nessuno compra più generi alimentari se non pochi tuberi e radici e si rivoltano – come sconsolatamente segnala Enzo Biagi, vate del declinismo – giacche e cappotti.
Questa è l’Italia, sconsolata, indigente se non proprio barbona, raffigurata dal marchese di Montezemolo. Cos’è che non va, che non quadra? Non quadra il fatto che oltre a risultare presidente della Confindustria, della Fiat, della Ferrari, della Fiera di Bologna e della Luiss nonché consigliere d’amministrazione della Stampa, della Tod’s, della Merloni, di Campari e del Bologna Footbal Club, il declinista capo sia anche titolare del fondo finanziario-industriale «Charme». Il quale tratta articoli extra lusso: cachemire, costosissime sedie, poltrone di pelle che non le trovi nemmeno nei più esclusivi club londinesi, profumi e lavande che avrebbe fatto morire di invidia Arun el Rashid e, mi par proprio, anche le calzature coi pallini del suo socio Della Valle. Quelle che non si possono risuolare, mentre Biagi sostiene che da lunga pezza gl’italiani a quello sono ridotti, a risuolarsi le scarpe.

La domanda è: Montezemolo ci fa o ci è? No perché chi è quel mattacchione che ti va a investire i sudati risparmi in articoli di sfarzo, in prodotti da maragià, sapendo che l’Italia è in pieno e inarrestabile declino, praticamente alla canna del gas? E allora delle due l’una: o come manager, come amministratore di se stesso è una frana o ci prende per i fondelli agitando lo spettro del declino quando qui non declina niente e anzi si spende e spande anche per superfluo griffato «Charme». Lei, caro Morpurgo, comprerebbe, come dicono negli States, un’auto usata da un tipo così?
Paolo Granzotto

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