Il titolo è furbo e azzeccato: battezzare «il sogno degli italiani» la statua di Berlusconi che riposa in una teca di vetro da un verso allude a come è finito il sogno berlusconiano di tanti italiani e dall’altra rappresenta il sogno degli antiberlusconiani di vederlo morto. Quel catafalco è l’apoteosi figurata di una guerra civile vissuta ma mai avvenuta davvero tra chi ha amato Berlusconi e chi voleva eliminarlo. Allestire quella finta reliquia davanti a Palazzo Chigi, a parte il kitsch, evoca il mausoleo di Lenin davanti al Cremlino; ma in versione farsesca. Trattandosi del re della fiction, del reality e dello spettacolo, la morte del Cav è trasfigurata nel sogno ed è essa stessa finta, perché Berlusconi è vivo. La messinscena sulla morte funziona proprio perché Berlusconi rappresenta la vitalità e il suo eccesso. Nel caso di Monti e altri zombie, la trovata artistica sarebbe rappresentarli da vivi... Comunque un feretro da vivo allunga la vita.
L’immagine della Silvioteca oscilla tra il reality e il neorealismo, il pop e l’iperrealismo, con retrogusto di realismo sovietico: è verosimile l’aspetto, i capelli posticci, il sorriso, i pantaloni slacciati. Di grottesco ci sono solo le pantofole di Topolino al posto delle mitiche scarpe col rialzo: segnano un passaggio dalla fiction pubblica alla verità privata, da cartoon domestico. Degli artefici di questa statua non si ricorda il nome; restano anonimi, come gli acconciatori di pompe funebri. Anche da morto e da finto Berlusconi ha rubato la scena ai suoi becchini virtuali.
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