Soldi al Ministero e spazio ai privati Prima che sia tardi

Le dimissioni di Carandini sono un segnale dello stallo in corso. Bisogna agire subito per aiutare musei e fondazioni virtuose

Soldi al Ministero 
e spazio ai privati 
Prima che sia tardi

Il vecchio pescatore Santia­go cerca di tornare a riva dopo avere legato alla bar­c­a l’enorme pesce cattura­to. Ma gli squali glielo spol­pano, morso dopo morso, nonostante la disperata lotta del vecchio:sulla spiaggia arriverà sol­tanto un’immensa lisca. La tragica vicenda hemingwayana del Vec­chio e il mare si attanaglia altrettan­to tragicamente a quella dei fondi per i Beni culturali. Appena cinquanta giorni fa pote­vo scrivere, su questa stessa pagi­na: «I tagli alla cultura,voluti dal mi­nistro dell’Economia, in proporzio­ne non sono maggiori di quelli ap­plicati a altri ministeri, altrettanto vitali. Sandro Bondi li ha accettati (dolorosamente, immagino) dopo avere cercato di limitarli». Nel frat­tempo Bondi – sconfortato da pole­miche spesso strumentali - chiede di essere sostituito. Il capo del go­verno, deciso a operare un rimpa­sto più ampio, temporeggia. In que­sta situazione, il nostro preziosissi­mo patrimonio artistico subisce un colpo dietro l’altro, un morso die­tro l’altro. Dai 450 milioni l’anno precedentemente a disposizione del ministero, si è passati a 155, poi a 102, di cui il 10 per cento congela­to a favore del digitale terrestre. Di conseguenza, dopo il mini­stro dimissionario, l’altro ieri abbia­mo anche avuto le dimissioni di An­drea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei Beni cultu­rali: perché, sostiene, non ci sono più le condizioni per svolgere l’ope­ra di tutela del nostro patrimonio. Carandini, eccellente studioso e uomo probo, ha poi rilasciato gra­vissime dichiarazioni, in un’intervi­sta a Il Sole24ore di ieri. I tagli alla cultura non dipendono soltanto dalla crisi e dalla “cattiveria”del mi­nistro Tremonti: «C’è nei confronti del ministero una volontà punitiva che rimanda alle regioni. Perché la mancanza di tutela del patrimonio consente alle amministrazioni re­gionali di avere mano libera, di fare quello che vogliono». Qui non si tratta più di gridare «piove, gover­no ladro! », ma di sapere come il go­verno centrale intende arginare le manovre delle regioni, tese a salva­guardare più gli interessi locali che quelli nazionali. Ma Carandini rin­cara: «C’è da registrare un generale disinteresse da parte di questo go­verno nei confronti della cultura, che viene considerata una questio­ne di sinistra». Se è vero, e temo sia in parte vero, c’è da farsi cascare le braccia,come ha fatto Bondi, o da alzarle, come ha fatto Carandini. Se è vero, Bondi – che è stato un buon ministro – è stato abbattuto dal fuoco amico,al­tro­che mozione di sfiducia dell’op­posizione e crollo di un muro pom­peiano devastato da decenni di in­curia. Certo è che non si tratta solo di un problema di soldi, ma di un’amministrazione che deve fun­zionare meglio, e che può funziona­r­e meglio soltanto per volontà poli­tica del governo. Un esempio che ho saputo in an­­teprima: la soprintendenza di Mila­no, che in passato ha autorizzato il negozio Tiffany e vari altri detur­panti installazioni commerciali in piazza Duomo, in questi giorni ha deciso di bocciare la celebre Mon­tagna di sale di Mimmo Paladino su cui uno dei più importanti filoso­fi contemporanei, Arthur Danto, ha scritto«Devo proclamare l’emi­nenza di Mimmo Paladino tra le fi­la dell’arte contemporanea, quali­tà particolarmente vera per le in­stallazioni all’aperto. Non c’è nien­te che r­egga il confronto con l’impo­nente Montagna di sale , dissemina­ta di cavalli arcaici; il mondo dell’ar­te dell’ultimo quarto di secolo non ha nulladi paragonabile.C’è qual­cosa di magicamente alchemico nella visione di questi cavalli arcai­ci che si dibattono su una piramide di sale». Flavio Arensi, il curatore della mostra milanesi di Paladino, racconta: «Prima il soprintendente di Milano ne chiede una riduzione del diametro, senza tener conto de­gli equilibri di armonia e organicità fra la struttura di sale e le sculture, poi la boccia, preferendo i tendoni commerciali del Cosmit e altre strutture dedicate allo sport e alla politica. Per altro la Montagna di sa­le di Paladino, indicata come uno dei simboli delle celebrazioni del­­l’Unità d’Italia, era interamente pa­gata da sponsor privati che, più lun­gimiranti di chi dovrebbe tutelare il nostro patrimonio artistico, hanno capito come l’arte veicoli messaggi che oltrepassano il tempo presen­te e aprono sul futuro». Già, gli sponsor privati. Per un Diego Della Valle deciso a investire decine di milioni nella protezione del Colosseo, quanti ce ne sarebbe­ro pronti a intervenire su altri beni, se lo Stato li mettesse in condizioni di farlo? Con (meglio) o senza de­tassazione per il denaro così investi­to. Di certo sono tanti, ma scorag­giati in ogni modo. Un esempio che conosco in pri­ma persona è quello del Vittoriale degli Italiani,l’unica fondazione di diritto pubblico che ha rinunciato volontariamente ai finanziamenti statali trasformandosi in fondazio­ne di diritto privato, secondo le indi­cazioni del governo. Il Vittoriale si mantiene e prospera con gli incassi dei biglietti, stimola gli studi, au­menta i visitatori a decine di miglia­ia, acquisisce opere d’arte e auto­grafi dannunziani per milioni di eu­ro: un’operazione che potrà prose­guire, moltiplicata con altre acqui­sizioni – a partire da quella della Ca­­setta rossa, sul Canal Grande,abita­ta da d’Annunzio durante la Prima guerra mondiale – se nel consiglio d’amministrazione entreranno,co­me previsto dal nuovo statuto, tre fondazioni bancarie. Peccato che le nomine siano congelate, in atte­sa di un nuovo ministro, che non si sa quando arriverà. Nel frattempo, tutto è fermo; nel frattempo, qual­che iniziativa si arenerà, se l’attesa sarà troppo lunga. I privati – come quelli con i quali sto trattando l’ac­quisto di migliaia di autografi dan­nunziani editi e inediti – non han­no tempi burocratici, fanno prima a cambiare acquirente.

Se tanto mi dà tanto, se “valoriz­zare” – a Milano e a Gardone Rivie­ra come ovunque in Italia - è così difficile anche quando ce ne sareb­bero le condizioni, cosa può fare Mario Resca, saggiamente nomina­to da Bondi direttore generale per la Valorizzazione dei Beni cultura­li? Rifinanziare il ministero e per­mettergli di operare a pieno ritmo sono priorità, anche economiche, che il governo non può più permet­­tersi di rinviare.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica