Jonathan Zebina non è Mario Balotelli. È un parigino che va ai trentadue anni e gioca da una vita come terzino, oggi dicesi esterno dei quattro,o dei tre, di difesa. Ogni tanto Zebina, che ha doti fisiche e tecniche di prima qualità, si dimentica di tutto ciò e commette errori madornali, non soltanto nel dribbling, nelle conclusioni, nei recuperi difensivi. Un po’ come Balotelli. I due sono uniti dal colore della pelle. Ma se qualcuno urla, e da un po’ di tempo accade puntualmente, «negro di m...» al francese di Parigi a nessuno viene in mente che si tratti di razzismo, di episodio di violenza, la vicenda scivola via senza conseguenze particolari. Anzi, viene letta come la giusta reazione alle provocazioni strafottenti del milionario in bianconero, così come le ganassate del bad boy in nerazzurro.
Che roba è diventato il nostro campionato di pallone? A Torino le squadracce del tifoso juventino disertano lo stadio e, all’esterno dell’olimpico, si radunano stendendo striscioni di insulti e sparando bombe carta. Qualche ora prima al posto dei petardi, davanti all’albergo che ospita il ritiro della squadra (sorvolo sulla sciocchezza e inutilità di ritrovarsi la sera prima, in un hotel nel centro della città, avendo a disposizione un centro sportivo!), davanti all’albergo, dicevo, erano uova, ingiurie e anche una manata sulla nuca dello Zebina di cui sopra, un atto vigliacco di un tipetto, ripreso dalle telecamere, e poi rientrato nel branco e da questo protetto. Nessuno della dirigenza juventina ha avuto il coraggio di affrontare la ciurma e di difendere il gruppo, lo ha fatto Del Piero a nome dei compagni. A San Siro i soliti noti della falange laziale uheggiano contro Seedorf, nonostante l’annuncio dello speaker dello stadio di una possibile sospensione della partita, hanno continuato a fare le scimmie non riuscendo a essere uomini. A Livorno idem come sopra, spari, bengala, fumogeni, partita, contro il Bari, sospesa per due minuti, il nostro meraviglioso pubblico così si legittima. A Firenze il popolo viola abbraccia Prandelli ma gli ordina di non tradire l’Arno con il Po andando a lavorare dagli odiosi gobbi di Torino, mentre i fratelli Della Valle, dopo aver dato gli otto giorni all’allenatore, hanno evitato di farsi vedere in tribuna e la piazza è caldissima. A Milano, un tifoso romanista, colpevole di aver scherzato troppo con qualche interista fumantino dopo il successo di sabato sera, è stato preso a mazze da baseball da un gentiluomo conosciuto non soltanto dagli astanti del bar ma dalla polizia e dai carabinieri perché colpito da daspo. Sabato sera all’Olimpico segnalate molte crisi nervose e il silenzio ripetuto di Mourinho che, tuttavia, domani tornerà a illustrare, in pubblico, il suo pensiero non per atto di pentimento ma per obbligo regolamentare dell’Uefa.
E’ questa la commedia all’italiana, va in scena puntualmente, offre repliche sempre più volgari, i personaggi e gli interpreti aumentano di numero, chi vuole e strilla per la moviola in campo davanti al fotogramma incriminato litiga per un quarto d’ora, finita calciopoli ecco latrinopoli, ci facciamo riconoscere dal resto d’Europa, non c’è momento, in campo, in tribuna, in curva, in televisione, durante il quale non si cada e non si scada nella rissa, nell’isteria, lo spettacolo non fa ridere nessuno e mette tristezza. Il campionato è riaperto, secondo i numeri della classifica e con qualche tremore tra gli scommettitori.
Per fortuna l’uomo ritornato dalla Baviera, Luca Toni detto Gulliver, concede qualche emozione finale.
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