È mancata l’Inter, sono mancati in tanti ieri sera: anche Moratti e il pubblico nerazzurro. Il presidente è rimasto a casa, sulle tribune c’era una rappresentanza tifosa da minimo storico. Forse quest’Inter così rappezzata non ha appeal. Naturale vedendo questa compagnia della buona volontà e poco più. La congrega brasiliana dell’altra sponda ha cominciato subito a metterla in difficoltà: non tanto il pensionabile Roberto Carlos (straordinario solo quando tira) quanto quel gruppo di satanelli che gironzolavano tra centrocampo e attacco: Aurelio, Alex, l’imprendibile Deivid, sostenuti da Vederson, turco con la faccia scura. L’Inter ha sentito addosso tutta la passione e il tifo caldo di questo stadio che prende nome da Sucru Saracoglu, così elegante, compatto, tutt’altra idea di quel che uno pensa degli stadi e del tifo turco: confusi e confusionari.
L’esaltazione della gente tifosa seguiva il buon giocare della squadra che, nel giro di trequarti d’ora, si è proposta almeno tre volte al gol ed alla fine ce l’ha fatta. A differenza dell’Inter che ha faticato a proporre gioco, a tener botta a centrocampo e mai ha lanciato decisamente Suazo o Ibra verso il gol.
Infatti il conto dei tiri nerazzurri si è spento con quella conclusione precisa, ma molle, di Suazo dopo ben 38 minuti. Il Fenerbahce, nel frattempo, aveva provato di tutto: Deivid, dopo dieci minuti, ha schizzato una palla di testa che solo il buon colpo d’occhio di Julio Cesar ha reso innocua. Kezman si è visto toglier l’equilibrio in area da un intervento maldestro di Samuel. Poteva essere rigore e non è stato.
Infine Deivid, sul finire del tempo, ha realizzato il suo capolavoro, sfruttando la giocata di Alex che si è bevuto il solito impacciato Maxwell per inviare palla in mezzo all’area. Area desertica per la bravura di Deivid che ha fatto colpo e giocata con una semirovesciata da cineteca.
Zico avrà gradito, avendo palato fino. L’Inter, invece, ha dovuto fare i conti con i suoi limiti: niente male il Tyson della difesa, forse peggio gli altri. Troppo morbida l’opposizione del centrocampo. Insignificante il gioco sulle fasce. La punizione è arrivata di conseguenza. E il secondo tempo ha confermato la tendenza. Inter figlia di nessuno: né gioco, né solisti. I turchi hanno approfittato di tutto e di più. Difesa e centrocampo nerazzurri sempre più morbidi, e i calabroni brasiliani hanno continuato a volteggiare nell’area di Julio Cesar. Roberto Carlos ha cominciato a premere sulla sinistra e Julio gli ha ribattuto colpo su colpo: devastante punizione e attenta deviazione, siluro che finisce sul palo e il portiere ha deviato quel tanto per evitare il gol. Poi ci si è messo Alex: sorvolando facilmente la testa di Samuel ha colpito quasi convinto di segnare se Julio Cesare (sì, lui come un imperatore) non avesse cavato l’ennesimo miracolo dal repertorio.Davanti a tanto imperversare, l’Inter ha rischiato di far la parte del punching ball: pronta a subire, incapace di calciare dignitosamente in porta per tutta la ripresa, assolutamente indifesa dai suoi assi, si chiamassero Ibra o Figo che stavolta avrà fatto mettere il muso a Mancini. Sarà l’aria d’Europa, sarà un complesso che prende forma, ma l’Inter di Champions è un’altra cosa. E anche stavolta aveva ragione chi non c’era.
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