Caro direttore, sul quotidiano suo concittadino, onestamente prodiano e chirachiano, leggo del «patto» che avrebbe concluso la partita Rutelli-Prodi, vinta per ko tecnico da quest'ultimo. Romano infatti, con astuzia democristiana lui che democristiano non è politicamente mai stato, beneficiato sì, ed anzi culturalmente «anti» o almeno a-democristiano, ha bloccato l'amico Francesco Rutelli, che anti-democristiano, ideologicamente parlando, certo non è. Egli ha tatticamente rinunciato alla lista unica... per la quota proporzionale (un venticinquesimo dei seggi!), ma ha ottenuto le «primarie» per la sua designazione a leader, e in altre parole uninvestitura non legata ad unintesa tra i partiti, Margherita compresa, ma invece emanante direttamente dalla volontà dei dichiarati futuri elettori del centrosinistra.
Ma vi è di più. Questa accettazione delle «primarie» da tutti i partiti dell'Unione, Margherita compresa, ha trovato una conferma rafforzativa nell'accordo o patto di legislatura, tanto enfatizzato dal tuo confratello ambrosiano, che prevede che uneventuale caduta del futuro governo Prodi dovrà portare a nuove elezioni politiche generali. Si tratta a ben vedere di una «clausola anti-D'Alema», insomma. Ma t'immagini, caro direttore, se un simile patto od accordo fosse stato imposto da Silvio Berlusconi alla coalizione di centrodestra? Gli sarebbero state scagliate, tra gli applausi dei «costituzionalisti democratici» (ex, attuali o futuri giudici della Corte Costituzionale), accuse veementi di «prepotenza istituzionale e politica», di tentativo sovversivo di limitazione dei poteri del capo dello Stato ed infine di «attentato al regime parlamentare», dato che in questo regime appunto quel che conta per la formazione di un governo è la formazione di una maggioranza, di una qualunque maggioranza, e non di un solo tipo di maggioranza, e cioè di quella «bloccata» concordata in un accordo politico ed elettorale!
Ma forse questa è una mia visione vecchia della politica ed in fondo dello stesso giudizio di verità: «È giusto quel che è utile a me, è sbagliato quel che a me non è utile».
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