Solo l’immunità potrà fermare la giustizia sommaria

Preferiremmo che il Cav facesse serenamente il nonno anziché elemosinare compagnia a suon di gioielli e quattrini. Premesso questo, i magistrati sono ributtanti. Privo di senso del ridicolo, il procuratore Bruti Liberati che coordina l’indagine su Ruby, ha evocato l’obbligatorietà (...)
(...) dell’azione penale. Come dire: sono venuto a sapere che il Berlusca ha insidiato una minorenne e mi è corso l’obbligo di incriminarlo. Tace l’esimio che l’inchiesta è nata dal nulla, come un bimbo dal cavolo. Né una voce, né una denuncia. È stata la Procura che ha cercato scientificamente di incastrare il premier. Per un anno ha attorniato Arcore di sbirri e li ha messi alle calcagna degli ospiti che entravano e uscivano dalle feste. Intercettati, seguiti, interrogati come malfattori prima ancora di individuare reati. Poi, comprensibilmente intimorito, qualcuno ha cominciato a cantare nella direzione auspicata. Così si è confusamente capito che i galà erano scollacciati, le escort disponibili e il Berlusca un mandrillo. L’accusa per lui è di avere attentato alle virtù di Ruby non ancora diciottenne, reato che tre mesi dopo - tanti gliene mancavano - non sarebbe più stato tale. Pure illazioni, perché il Cav e Ruby negano di avere sgambettato nell’alcova e concordano nel dire che la fanciulla aveva celato la minore età.
Questo il risultato di dodici mesi di indagini, milioni di euro pubblici spesi, vite private messe alla gogna. Utilità eguale a zero. Forse che i ginnastici amori del premier minacciavano lo Stato? No di certo. Il fatto che siano stati svelati dallo zelo del dott. Bruti Liberati non fa di lui un eroe della democrazia. A questa, infatti, ha fatto più danni che bene.
La procura di Milano ha calpestato in modo subdolo l’inviolabilità del domicilio (art. 14 della Costituzione). Sulla carta, il Cav - come ogni cittadino - era libero di farsi i tubi suoi a casa propria. Ma i giudici - fatta la legge, trovato l’inganno - hanno escogitato il modo di passarla ai raggi X senza entrarci. Appena uno usciva dal villone si facevano raccontare - via intercettazione, interrogatori, musi duri ecc - quello che succedeva dentro. Così hanno degradato gli ospiti a spie e frugato nell’intimità del Cav. Ne è venuto un frullato di reggiseni e cosce lunghe di 400 pagine, poi dato in pasto al mondo intero. Il tutto con l’aria perbene di chi fa solo il suo dovere. Ipocrisia italiana, stile cubano.
Voi direte: succede al Berlusca perché è potente, a noi non capita. Vi capiterà, invece. Le toghe hanno perso qualsiasi pudore e ci costruiscono attorno - con la scusa della legalità - una comunità illiberale. Il guaio è che non c’è reazione. Subendo, ci abituiamo, come i prigionieri si adattano al lager. Lo dimostra l’assuefazione alle intercettazioni. Siamo i più spiati del globo, ma se uno propone di restringerle si mettono di traverso Napolitano e metà Parlamento, mentre una massa crescente di mentecatti urla: «Intercettateci tutti».
Qualcuno dirà, già lo sento: il premier deve essere adamantino, se non lo è, è bene che si sappia. No, se permettete. Il Cav - come tutti - ha diritto alla sua vita. Se poi trapela, perché una squinzia se ne vanta, che sul Permaflex esce di senno, la cosa può ricadere sotto il giudizio morale, non giudiziario. Andò così con la D’Addario. Con Ruby c’è la forzatura della minore età - la tresca però va dimostrata - ma la sostanza è la stessa. Per alcuni, il Cav è un dritto che sa godersi la vita, per altri un debosciato. Questi sono giudizi etici sul Berlusconi privato. Diverso è l’uomo pubblico. L’etica di un governante coincide con la sua capacità di governare. Un premier è morale se assolve efficacemente il compito cui è preposto. Può essere pessimo in casa, ma se ci sa fare nel ruolo, il Paradiso è suo.
Berlusconi cerca di guidare il Paese con onesta passione. I magistrati - che lo detestano per ragioni di schieramento - lo impalano però con tre generi di accuse: il passato da imprenditore; tresche con la mafia; esuberanza sessuale. Sempre assolto finora, continuano a riprovarci. L’importante è imbrigliarlo. Accanendosi con lui, le toghe in realtà danno calci sugli stinchi degli italiani che lo hanno eletto. Le leggi che, in perfetta malafede sono dette ad personam, erano in realtà a tutela del voto. Gli italiani vogliono il Berlusca a Palazzo Chigi, i magistrati lo vorrebbero a San Vittore, le leggi pro voto servivano a fare prevalere gli italiani sui Bruti Liberati di turno. Mi sembra sacrosanto.
La maggioranza ha provato per l’intera legislatura a convincere la Corte costituzionale che era necessario un freno. La Consulta l’ha ignorata, respingendo tre saggi tentativi. I quindici sapientoni fingono da anni di non capire la posta in gioco: liberare la politica dallo strapotere dei magistrati. Hanno trovato la scusa dell’art. 3 della Costituzione e ci hanno impiccato il Paese: tutti sono eguali davanti alla legge, ergo anche il Cav deve sottostare ai processi. Se i giudici sono prevenuti, se ne faccia una ragione.
È falso che siamo tutti sullo stesso piano nelle faccende giudiziarie: i ministri hanno un proprio tribunale; il capo dello Stato risponde solo di alcuni reati; i parlamentari non possono essere intercettati, né arrestati senza l’autorizzazione della Camera cui appartengono. Per 45 anni - dal 1948 al 1993 -, quando c’era l’immunità parlamentare piena voluta dai padri costituenti, senatori e deputati non potevano neanche essere processati durante il mandato. Esattamente quello che chiede oggi il Cav. Ed è solo per pavidità che la Consulta insiste nel dire che è antisistema quello che è stato costituzionale per mezzo secolo.
Essendo la Corte incapace di riportare l’ordine tra i poteri, sia la politica a liberarsi dalla morsa delle toghe partigiane. Ripristini la vecchia immunità parlamentare cui ha rinunciato ai tempi di Mani pulite per un calcolo sbagliato. Voleva placare l’opinione pubblica, ha invece incoraggiato la macelleria giudiziaria. Spazzato il pentapartito della Prima Repubblica, i giudici hanno cercato di ripetere il trattamento con gli intrusi della Seconda: il Cav e il centrodestra. Hanno così bloccato la vita nazionale. I parlamentari temono che reintroducendo l’immunità, l’opinione pubblica li accusi di volere delinquere senza pagare? Spieghino che lo scudo vige in tutto l’Occidente e che è l’unico mezzo per impedire alle toghe di azzerare il voto. Dicano, se vogliono, che non è per loro ma per noi cittadini che l’immunità va reintrodotta. Abbiamo un solo mezzo per esercitare la sovranità popolare (art.

1 della Costituzione): eleggere i nostri rappresentanti. Ma se - come accade al Cav - le toghe usano il cannone per scalzarli, la nostra sovranità va a farsi friggere. Ecco perché - con gli attuali chiari di luna - proteggere gli eletti è tutelare noi.

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