"Solo novanta secondi per uccidere Osama Bin Laden"

Nuova ricostruzione del blitz. Smentita in parte la versione ufficiale. In un libro-rivelazione, i Navy Seals americani raccontano il raid ad Abbottabad. E scoppia la polemica

"Solo novanta secondi  per uccidere Osama Bin Laden"

Il libro non è ancora in libreria, ma fa già discutere. A dar retta al suo autore Chuck Pfarrer, un ex comandante delle Seal, i corpi speciali della Marina statunitense, è la prima ricostruzione dettagliata dell’operazione costata la vita ad Osama Bin Laden. Il primo resoconto messo insieme raccogliendo testimonianze e sensazioni dei protagonisti del raid nel covo del capo di Al Qaida. Per il Comando delle Forze Speciali statunitensi è invece un’opera non autorizzata, di cui diffidare.
Il libro intitolato «Seals, Target Geronimo», arriva martedì nelle librerie e promette rivelazioni senza precedenti sull’incursione nella palazzina di Abbottabad. La novità rispetto alle ricostruzioni ufficiali riguarda i tempi e le modalità con cui viene ucciso il capo di Al Qaida oltre a molti dettagli inediti sui piani per gli attentati nelle città europee ritrovati nella cassaforte del covo. A dar retta a Pfarrer in quella notte senza luna gli uomini del Team Six impiegano meno di 90 secondi per impallinare il capo di Al Qaida. Fino ad oggi tutte le ricostruzioni parlavano di un’incursione assai meno rapida, iniziata dal piano terra e proseguita con una serie di scontri a fuoco prima dell’epilogo cruciale.
Nel libro di Pfarrer il blitz prende il via dal tetto della palazzina, dove gli uomini del Six Team si calano con le corde dagli elicotteri. Da lì la squadra incaricata di trovare Bin Laden passa direttamente al corridoio del terzo piano, scandagliandone ogni angolo. Poi l’evento decisivo. «Una porta nel corridoio del terzo piano si aprì, Osama sporse la testa fuori, ci vide e la richiuse violentemente». Nella stanza fanno irruzione in due. Bin Laden è dietro ad Amal Al Sadah, la 27enne moglie yemenita. Lei grida: «Non è lui, no, non fatelo», tentando di fargli scudo con il proprio corpo. Il primo incursore fa fuoco con il mitragliatore M 4 silenziato e colpisce Amal alla caviglia. Mentre Amal cade, Bin Laden si butta di lato tentando d’afferrare il kalashnikov al lato del letto. Non ne ha il tempo. Un primo proiettile lo centra al petto, un secondo gli entra sotto l’occhio uccidendolo sul colpo.
Ma la vera novità di «Seal Target Geronimo» è la dimensione umana dei protagonisti. Fino ad oggi i componenti del commando erano fredde macchine da guerra senza volto e senza personalità. Il racconto di Pfeffer, che sostiene di aver trascorso lungo tempo in compagnia di alcuni partecipanti al raid, tenta di restituire l’immagine umana di questi soldati, nascondendone l’identità sotto nomi di fantasia. Scott Kerr, comandante del «Team Six», ricorda l’emozione improvvisa, il cuore che batte forte sotto il giubbotto antiproiettile mentre descrive ai propri capi quel cadavere di un metro e 86 ai suoi piedi. Frank Leslie, comandante dello squadrone Rosso, è il muscoloso marcantonio di un metro e ottanta, con un paio di penetranti occhi verdi e un pezzo di tabacco sempre in bocca che raccoglie uno dei due test del Dna utilizzati per provare l’identità del capo di Al Qaida. Ma Frank Leslie, è anche uno dei componenti della squadra sopravvissuta miracolosamente alla caduta di Razor 1, l’elicottero precipitato durante le prime concitate fasi dell’operazione. Mel Hoyle, il comandante del team imbarcato su Razor 2, sembra un orsone dinoccolato, ma è un cecchino implacabile addestrato dalle forze speciali inglesi delle Sas. Rich Horn, a differenza degli altri compagni imbarcati su Razor 1, ha invece «un fisico smilzo da podista».
Ovviamente su questi e altri dettagli contenuti in «Seal Target Geronimo» infuria già la polemica. Mentre il Comando delle Forze Speciali sostiene che nessuno dei partecipanti all’operazione ha mai incontrato e parlato con l’autore, Pfarrer ribadisce alla Cnn di aver discusso ogni dettaglio nel corso di numerosi colloqui “faccia a faccia”.

E per far capire di non poter esser smentito tanto facilmente ricorda la ricostruzione dell’incontro tra un capo della Cia chiamato Mc Raven e Scott Kerr, il comandante del Team Six. Nell’incontro Mc Raven spiega che il satellite posizionato sopra il covo ha confermato l’altezza di Bin Laden misurandone l’ombra. Un dettaglio mai emerso prima d’ora da nessuna ricostruzione ufficiale.

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