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La Somalia diventa il nuovo regno di Al Qaida

Nasce una sorta di parlamento con il potere di emanare leggi. Il primo compito: imporre la sharia

Fausto Biloslavo

Gli amici di Al Qaida hanno gettato la maschera e spazzato via i moderati all’interno delle Corti islamiche con l’obiettivo di trasformare la Somalia in una specie di emirato talebano.
Il colpo di mano è avvenuto nella notte fra sabato e domenica, quando è stato convocato un incontro al vertice dei rappresentanti delle corti all’hotel Ramadan di Mogadiscio, la capitale somala «pacificata» dai miliziani di Allah, che il 4 giugno avevano definitivamente abbattutto gli ultimi signori della guerra somali spalleggiati dagli americani in funzione anti Al Qaida.
Nella notte è stato formata un’assemblea di 88 persone, che dirigerà le attività delle Corti e avrà il potere di emanare delle leggi. Si chiama Majlis al-Shura e fra i primi compiti ci sarà quello dell’imposizione della Sharia, la dura legge del Corano. A capo di questo «parlamento» è stato nominato lo sceicco Hassan Dahir Aweis, bestia nera degli americani, amico di Al Qaida e ricercato per terrorismo. Un sonoro schiaffo al Dipartimento di Stato Usa, che stava valutando le prime mosse delle Corti improntate alla moderazione e all’apertura nei confronti della comunità internazionale. Non solo: la svolta è avvenuta a pochi giorni dall’iniziale accordo, raggiunto a Khartoum, fra le Corti e il governo di transizione somalo, insediato a Baidoa dopo un lungo processo negoziale, sponsorizzato dalla comunità internazionale. La nascita di questa specie di «governo ombra» degli oltranzisti islamici è una sfida diretta all’ancora debole esecutivo somalo sostenuto dall’Occidente. L’aspetto più grave è che nel «golpe» interno alle Corti i moderati sono stati messi in un angolo. Il portavoce sheikh Sharif Sheikh Ahmed, che fino a sabato scorso predicava tolleranza ribadendo il pieno appoggio alle intese di Khartoum, è stato nominato presidente del consiglio esecutivo, carica dal nome importante, ma con scarsi poteri.
La linea ora viene dettata dall’ex colonnello Aweis, presidente dell’assemblea delle Corti, al quale sono stati affiancati due vice, sempre dell’ala radicale. Si tratta di sheikh Omar Imam Abubakar e sheikh Abdullahi Ali Afra, che comunque non sono personaggi tali da mettere in ombra il nuovo padrone islamico di Mogadiscio. Segretario del «parlamento islamico» è stato nominato Sheikh Ibrahim Suleh, imam di un’importante moschea della capitale, che aveva proclamato la guerra santa contro i signori della guerra della fallimentare Alleanza antiterrorismo, finanziata dalla Cia.
Al di fuori di Mogadisscio è clamorosa la nomina di governatore della regione del Basso Shabele di Yusuf «Inda-Habde» Mohamed Siad, il cui soprannome significa «occhi chiari». Durante la conquista di Jowhar, l’ultima roccaforte dei signori della guerra, i suoi miliziani si erano dati al saccheggio. A differenza del moderato sheik Ahmed, «occhi chiari» aveva disertato il pranzo con i giornalisti occidentali per evitare di trovarsi a tavolo con una donna, per di più senza velo. Fondamentalista fra i più duri, durante gli ultimi scontri, aveva fatto depredare un convoglio della Croce rossa per rifornire la sua milizia.
Il nuovo capo delle Corti ha ribadito, ieri mattina alla radio, di aver ricevuto l’incarico «da quanti credono nella supremazia di Allah». Inoltre ha subito promesso la riapertura del porto e dello scalo aereo di Mogadiscio con l’obiettivo di migliorare le misere condizioni della popolazione «sia economicamente, che religiosamente». In realtà, oltre all’inevitabile conflitto con il governo transitorio, si profila all’orizzonte un altro braccio di ferro. L’Etiopia è dentro fino al collo nella guerra segreta che si combatte in Somalia con omicidi mirati e sequestri eccellenti. I corpi speciali di Addis Ababa hanno lanciato raid contro le basi dell’Oromo liberation front, un’organizzazione guerrigliera etiope intrisa di elementi fondamentalisti. Gli Oromo sono alleati delle Corti islamiche e ricevono soldi e armi dall’Eritrea nemico storico di Addis Abeba.

In cambio puntano ad allargare la jihad dalla Somalia alla vicina Etiopia.

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