«Sono cari i conti correnti, non le banche»

«Sono cari i conti correnti, non le banche»

da Milano

Alessandro Profumo prova a smontare la tesi che famiglie e imprese italiane siano vittime del caro-banca. I prezzi di quasi tutti i servizi creditizi si attestano già «nella media europea» o sono inferiori, ha sostenuto ieri l’amministratore delegato di Unicredit in una audizione alla Camera. Nei mesi scorsi Bankitalia aveva bacchettato l’intero sistema ma Profumo ha concesso spazio solo sul fronte dei conti correnti. È vero che questi «hanno un costo più alto» in Italia (182 euro la media) che all’estero ma le nostre banche soffrono dell’elevato ricorso al contante da parte dei risparmiatori e delle spese per la sicurezza dovute al gran numero di rapine, ha spiegato ai parlamentari il banchiere. Nel corso del pomeriggio l’Adusbef ha lamentato i maxi profitti che sgorgano dai bilanci delle aziende del credito complice la distanza ancora presente rispetto al Vecchio Continente sia sui mutui (1 punto percentuale circa) sia sul credito al consumo (1,21 punti).
Profumo è però sembrato volersi spingere fino al cuore dell’invito lanciato dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi, affinché fossero trasferiti a valle almeno una parte dei vantaggi accumulati con le grandi aggregazioni. Malgrado il sistema bancario non sia oggetto di «grande apprezzamento», è una delle industrie italiane «meglio posizionate in Europa», ha proseguito Profumo che considera «tecnicamente errato» sostenere che il consolidamento non abbia portato benefici ai clienti. Al contrario dal 1990 le banche italiane hanno più che dimezzato i propri margini: «Stiamo parlando di un’industria che ha più che dimezzato i suoi margini industriali, di imprese che vendevano un bene con 100 euro di margine e oggi hanno un margine di 40». Pur esortando a una maggiore trasparenza così da evitare crisi come quelle dei mutui Usa, il numero uno di Unicredit ha poi invitato «a non buttare via il bambino con l’acqua sporca». Anche perché dall’altro lato le banche sono oggetto di critica per le difficoltà frapposte alla concessione di mutui a quanti non hanno un lavoro stabile che però sono «tecnicamente subprime».
Piuttosto, come è già accaduto in Francia, il problema dell’accesso al credito dovrebbe essere risolto, rivedendo «la normativa antiusura». L’obiettivo è allentare gli standard sui finanziamenti che ad oggi costringono le banche «a tagliare il livello di accettazione del credito» a una certa soglia di rischiosità. Così come è una «convinzione preconcetta» che il Mezzogiorno sia penalizzato dalle banche.

Al contrario c’è stata una drastica riduzione del differenziale dei tassi sui prestiti, scesi dal 1998 al 2007 da 120 a 30 punti base. Stessa dinamica sul fronte degli investimenti, visto che perlomeno il gruppo Unicredit per ogni 100 euro raccolti al Sud ne investe 189 contro una media di sistema di 143 euro.

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