«Sono commosso dai vostri sacrifici per venire qui»

da New York

Quasi alla fine della serata, Michael Bublé ha smesso di cantare. Ha osservato per qualche secondo il pubblico del Radio City Music Hall, diecimila persone che da due ore non smettevano di applaudire, e ha detto: «Vi ringrazio per essere venuti. Non sapete cosa sia per me il fatto che molti di voi abbiano fatto grossi sacrifici per venirmi a sentire. So che i biglietti costano cari. So che molti di voi hanno dovuto pagare una baby sitter per i figli e si sono messi l'abito più bello. Vedete, io sono di origini umili. Mio padre faceva il pescatore di salmoni a Vancouver. Mio nonno era emigrato dall'Italia ed era un idraulico. I vostri applausi significano tutto per me». Nel mondo delle star musicali americane non capita spesso di sentire una simile confessione, come non capita spesso di vedere migliaia di italo-americani asciugarsi le lacrime. Ma la vita di Bublé è una storia commovente.
Proveniente da Treviso, il nonno giunse in Canada per fare l'idraulico. Quando suo figlio stava in mare giorni interi, era lui a seguire Michael. Fu lui a fargli ascoltare i dischi di Frank Sinatra, di Ella Fitzgerald, dei Mills Brothers. «Canta», lo invitava, e il piccolo Michael cantava. Fiero di lui, il nonno se lo portava nei pub di Vancouver. «Se lo fate cantare sul palco, vi riparo gratis i bagni», era la sua proposta. A 17 anni Bublé già vinceva concorsi musicali.

Fu invitato a cantare al matrimonio della figlia del primo ministro Brain Mulroney, dove conobbe il produttore David Foster. «Cosa devo fare per avere successo?», gli chiese. «Raccogliere mezzo milione di dollari per incidere e lanciare una canzone», fu la risposta. Era il 2003 e ancora nessuno lo conosceva...

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