Politica

«Sono io la spia del Watergate»



da Washington

Questa volta è proprio vero. Ha finalmente un nome la «Gola profonda», il misterioso informatore del Washington Post sullo scandalo Watergate che provocò le dimissioni del presidente Richard Nixon. Mark Felt, vicedirettore dell’Fbi nel 1972, si è deciso a confessare. «Gola profonda sono io», ha detto al suo avvocato, John O’Connor, autorizzandolo a vendere l’esclusiva a Vanity Fair.
Felt era il principale sospettato da anni, e negli ultimi tempi il sospetto era diventato quasi certezza. Oltre all’interessato, erano al corrente dell’identità di «Gola profonda» soltanto tre persone: Bob Woodward e Carl Bernstein, i due giornalisti che smascherarono Nixon, e il loro direttore dell’epoca, Ben Bradlee. Tutti e tre si erano impegnati a rivelare l’identità dell’informatore soltanto quando fosse morto. Nel 1999 tuttavia la moglie di Bernstein, Nora Ephron, non aveva resistito alla tentazione di fare il nome di Mark Felt con alcune amiche, che a loro volta avevano raccontato tutto ai giornali. L’indiscrezione fu indicata come una delle possibili cause del divorzio della coppia. Oggi però, caduto il vincolo del segreto, Woodward ha confermato che la mitica fonte era Felt: «Ci ha dato un contributo incommensurabile per condurre l’inchiesta»
Oggi Mark Felt ha 91 anni, abita a Santa Rosa, in California, soffre di cuore, e secondo amici e parenti non è più perfettamente lucido. Nel 1999 aveva negato con veemenza di essere lui «Gola profonda». Aveva detto all’Hartford Courant, uno dei giornali che non avevano mai smesso di dargli la caccia: «Se fossi stato io, avrei fatto meglio. Sarei stato più efficiente. Non mi pare che le rivelazioni di “Gola profonda” abbiano proprio fatto crollare la Casa Bianca. Con le dimissioni di Nixon non è cambiato molto».
I cambiamenti, per la sua carriera, erano stati in peggio, e lui stesso subì le conseguenze dello scandalo. Nel 1978 venne incriminato, insieme con il collega Edward Miller, per avere usato gli stessi metodi di Nixon e mandato gli agenti federali a ficcare il naso negli schedari degli avversari politici del governo. In particolare gli venne contestato di avere fatto perquisire senza autorizzazione del magistrato la sede di «Weather Underground», un movimento radicale contro la guerra. Condannato nel 1980, evitò il carcere soltanto perché graziato dal presidente Ronald Reagan. Poco dopo le dimissioni di Nixon, l’Fbi lo aveva mandato in pensione.
Secondo l’articolo di Vanity Fair, la famiglia di Mark Felt conosceva da tempo il suo segreto. Lui stesso avrebbe detto al figlio, Mark junior: «Non devi rivelare a nessuno che “Gola profonda” ero io. Non mi pare che ci sia ragione di essere fiero». Mark e la figlia Joan insistevano perché il padre si decidesse a parlare cercando di ricavare qualche soldo. «Non è giusto - protestava Joan - che Woodward si prenda tutta la gloria. Potremmo vendere l’intervista e pagare i debiti, come quelli per l’istruzione dei miei figli. Facciamolo per il bene della famiglia».
Ma quali furono i motivi che spinsero un dirigente dell’Fbi ad alimentare lo scandalo con le rivelazioni a un giornale? Nella caccia a «Gola profonda» un giornalista è sempre stato avanti agli altri: James Mann, ex collega di Woodward e Bernstein al Washington Post. Secondo la sua ricostruzione, l’agenzia investigativa federale era stanca delle ingerenze del presidente Nixon, che voleva usare le sue strutture per fini politici, e manovrava per mettersi al riparo dalle critiche. Tre alti funzionari protestarono con il direttore Patrick Gray, nominato da Nixon nel 1972, alla morte del famoso e discusso fondatore dell’agenzia, Edgar Hoover. I tre erano Mark Felt e Charles Bates, entrambi vicedirettori, e Robert Kunkel, capo dell’ufficio di Washington.
Dei tre, Felt era il più pronto a rispondere alle telefonate dei giornalisti. Con Bob Woodward in particolare aveva mantenuto ottimi rapporti anche quando era andato in pensione. Nell’estate del 1999, Woodward si era presentato in casa di Mark Felt, lo aveva salutato come un vecchio amico e lo aveva portato fuori a colazione. Ha raccontato la figlia Joan: «Sembrava che fosse venuto per festeggiare i vecchi tempi. Mi ha chiesto se le condizioni di salute di mio padre gli avrebbero consentito di brindare con un Martini».
La caccia a «Gola profonda» ha appassionato gli americani da più di trent’anni.

Gli altri principali indiziati erano l’ex segretario di Stato Alexander Haig, il ministro della Giustizia Henry Peterson, l’avvocato della Casa Bianca Fred Fielding, e perfino Diane Sawyer, una nota giornalista della rete televisiva Abc, che allora lavorava nell’ufficio stampa della Casa Bianca.

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