"Sono in missione per conto di Dio fra i giovani attori"

Claudia Koll, l’ex musa di Brass, dirige un teatro, fa la regista e insegna recitazione: "Lavoriamo e preghiamo"

"Sono in missione per conto di Dio fra i giovani attori"

Roma - Aveva il diavolo in corpo (e che corpo, ricorda ogni due per tre Tinto Brass, re dei pornografi) e adesso ha la pace nell’anima. Una pace così profonda che, quando parla, Claudia Koll intona una litania monocorde e verticale, come se dicesse il rosario con Prex, l’aggeggio elettronico buono per le avemarie fatte in casa. «Sono una persona normale, vado dal parrucchiere», sorride suor Colacione (il suo vero cognome), illuminando dall’interno gli occhi scuri, che ai tempi di Così fan tutte (1992) e altre pellicole col nudo, tralucevano sesso e un intimo contatto con l’inferno dei sensi. Strano: siamo il Paese di San Francesco, un ragazzo ricco che se la spassava e poi decise di cambiare vita; siamo il posto dove calciatori e allenatori venalissimi si fanno il segno della croce in campo, si portano l’acqua santa, levano il dito al cielo se fanno gol e poi restiamo scettici quando una bella donna sexy si disgusta di certi traffici, molla pellicce, uomini importanti, ebbrezze chimiche e se ne va con Dio. E lasciamo perdere Paolo Brosio, al quale (giustamente) Emilio Fede consiglia di darsi una calmata quanto a esibizioni di religiosità tv. C’è che il mondo dello spettacolo, luogo dove gira di tutto, satanismo, droghe, sesso contro favore compresi, ogni tanto fa nascere una conversione. La retromarcia di Claudia, inoltre, ha un risvolto pragmatico. E ora è il momento d’un teatro tutto suo (lo Star Rose, a Monte Sacro, il quartiere che fu croce e delizia di Carlo Emilio Gadda). Nella Roma godona, insomma, dove Emma Dante mette in piedi, al Valle, uno spettacolo come Le pulle (bordello con cazzi, culi e tette live). Alla fine, è (anche) una questione di mercato e di gusti: se c’è posto per l’oscenità e l’omoerotismo c’è posto pure per altro.

Claudia Koll, ha detto di voler portare Gesù dentro lo spettacolo. Lo Star Rose Theatre nasce per questo?
«Lo “Star Rose” è fondato sulla Lettera agli Artisti di Paolo II. Dove si parla della bellezza e della verità, usate per aprire il cuore di chi riceve il messaggio spirituale. La bellezza è fondamentale. Come la qualità della verità».

In sostanza, quali spettacoli allestisce, come regista?
«Al momento ho in cartellone A piedi nudi nel parco, una commedia di Neil Simon, che negli anni Sessanta fu un successo a Broadway. Una coppia di sposi affronta la grande prova del matrimonio, tra mille difficoltà, a New York. I miei attori sono giovani dai 19 ai 20/30 anni e sono quasi tutti studenti-lavoratori. Abbiamo formato una compagnia di giro, senza scopo di lucro: chi viene a vedere lo spettacolo può lasciare un’offerta».

Con quale criterio seleziona i suoi allievi, lei che tra cinema, teatro e tv, ha ormai una certa esperienza?
«Non li scelgo solo io, ma un team di docenti esperti. Allo Star Rose si insegna danza, canto e recitazione. E guardiamo a chi ha talento. Le ore di lavoro sono tante. E prima di ogni prova, chi vuole, prega. Soltanto perché, dopo, si sente più forte. Non ho un criterio cattolico, per scegliere i miei attori: devono avere soltanto un bel cuore e stoffa artistica».

Nel mondo dello spettacolo molte conversioni, la sua per prima, lasciano perplessi. Che cosa pensa di certo scetticismo, intorno alla fede, per dire, di Paolo Brosio?
«Posso dirle che nel mondo dello spettacolo le conversioni sono numerose. Si tratta di artisti che stanno maturando. E hanno il coraggio di testimoniare. Come Paolo Brosio».

Ma in lei, che cosa è successo veramente?
«Ho messo ordine nella mia vita, cercando Dio in chiesa. A un certo punto non ho più voluto accettare ruoli che non rispecchiassero la mia nuova personalità. Si tratta di consapevolezza, non di morale. Ho capito la responsabilità del mio mestiere e non volevo più essere portatrice di valori negativi. La mia esperienza professionale non è inutile. E posso trasmetterla ai giovani».

E prima di arrivare al suo teatro?
«Anni di volontariato in Africa e in Asia, tra lebbrosi e malati di Aids; e letture diciamo teodem ovunque ce ne fosse stato bisogno».

Quando pensa alla vecchia Claudia, quella di Brass, che cosa prova?
«Mi fa tenerezza. E vedo come il Signore mi ha amata. Col suo amore - dico una parola grande - mi ha salvata, aiutandomi a cambiare vita. Ero un’egoista, che si occupava soltanto di sé. Oggi al centro della mia vita c’è Dio. E lavoro più di prima».

Un’ultima cosa sulla vecchia Claudia. Perché Koll?
«Mi dissero di scegliere un nome tedesco, per far colpo».

Adesso com’è

scandita la sua giornata?
«È scandita dalla preghiera. E dalla messa quotidiana».

Il prossimo impegno?
«È con Dio. Ma la mia vita, per il resto, è normale: dal parrucchiere ci vado ancora».

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