«Sono pronto a firmare contro una norma iniqua»

Enrico Musso chiede ai lettori de il Giornale cosa pensino del porcellum. Da orgoglioso lettore delle pagine liguri, un po’ meno di quelle nazionali recenti, e da cittadino, ne penso peste e corna quindi aderirò alla raccolta di firme per tornare, almeno, al mattarellum.
Ma per me c'è di peggio. C'è un sistema politico cresciuto sul denaro che consente le candidature quasi esclusivamente a chi riesce a raccattare decine se non centinaia di migliaia di euro il che significa una cosa sola: vendere le persone, vendere il consenso a questo o quello tra i vari potentati.
Se qualcuno avesse dei dubbi su quali siano a Genova conti i muri di cemento e valuti la concorrenza dei supermercati.
Tutti parlano di idee, di visioni, di prospettive peraltro senza mai tirarne fuori una. Ma per piacere! La verità è quella di un amico «chissenefrega del programma: lo facciamo poi, a seconda di chi ci può finanziare. Ci serve uno conosciuto». Dietro le quinte girano nomi di candidati a sindaco che tentennano se gli convenga meglio accettare l'offerta del centrodestra o del centrosinistra, le famose persone con l'endorsement. Bella roba!
Per quello non ci sono più politici pervicaci nel perseguire le proprie idee rovesciando impolverate scrivanie circondate di cariatidi che discutono del nulla. Perché o le idee non ci sono o sono in vendita, baby!
La cosa è talmente incancrenita che quando la dici vieni guardato come un marziano.
L'alternativa è non aver null'altro da fare. Siamo 600.000 che manco si domandano come farà un sindaco a difendere il verde, cosa che sicuramente ci pontificherà dai manifesti 6x3 a 400 € l'uno, se gieli paga uno che vive di betoniere, tra l'altro movimentate da muratori non genovesi ma albanesi e equadoregni.

Tutti pronti ad avventarci sui buffet elettorali pagati con il 3 per 2 della nostra dignità anzi, peggio, dei nostri figli. I vostri figli, purtroppo. Una profonda tristezza mi pervade. Ormai qualsiasi cosa va bene. Firmiamo ed almeno torniamo all'uninominale. Chissà che non cambi qualcosa.

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