«Sono una ragazza di 74 anni: quanta fatica fare la vecchia»

L’attrice protagonista di «Mar Nero» ha vinto a Locarno il premio come miglior interprete femminile

«Sono una ragazza di 74 anni: quanta fatica fare la vecchia»

da Locarno

«Imbruttirmi per fare la parte di una vecchia dolorante di ottant’anni, sempre lì a far smorfie, a «provare» quella particolare camminata, non è stato facile per me. Resto pur sempre una ragazza fiorentina e ho ancora le mie piccole vanità!», racconta Ilaria Occhini, 74 anni di intonsa forza espressiva, raggiante perché a lei, vigorosa protagonista del film Mar Nero in concorso a Locarno, ieri è andato il premio come migliore interprete femminile. Nell’opera d’esordio del trentatreenne Federico Bondi, vera rivelazione di una cinerassegna quest’anno un po’ sottotono, la figlia dello scrittore Barna Occhini e nipote del filosofo Giovanni Papini, come in un arpeggio sapiente tocca tutte le corde d’una melodia senile, declinando con stile e con forza diversi passaggi facili soltanto per un’attrice fatta e finita quale lei è. Cadere in bagno, come purtroppo capita agli anziani, e starsene giù, con dignitosa rabbia, mentre con una voce che nasce dal diaframma, allenato da mezzo secolo di palcoscenico, strilla: «Chiama il Lupi!» alla badante romena (Dorothea Petree), frastornata dall’imprevisto, non è per tutti. (Per la cronaca, i cinegiornalisti, dopo la proiezione di Mar Nero, han fatto il gioco di mettere, in quella stessa scena, un paio di giovani attrici molto alla moda, col risultato di scoppiare a ridere alla sola idea: la classe, infatti, non è acqua). «Ho dovuto invecchiarmi di brutto, tramite luci, posizionate in un certo modo, con la macchina da presa che ti brucia la pelle venendoti vicina vicina, a illuminarti ogni ruga. “Facciamo un bel trucco da vecchia!”, mi diceva il truccatore ogni mattina, per farmi rabbia», racconta Ilaria, i capelli corti castani a incorniciare il viso espressivo che, stranamente, non cede all’usura del tempo: migliora e basta. Gli occhi, poi, colpiscono ancora al cuore, come colpirono in Terza liceo, film di Luciano Emmer, quando Ilaria aveva vent’anni e debuttava in un film che ha fatto tendenza: Fausto Brizzi, il fortunato regista di Notte prima degli esami 1 e 2 è partito da lì, da quello sguardo fiero da toscanaccia ardente, per girare le sue commedie giovanili. I telespettatori più in là con gli anni, magari, ricordano «la Occhini» (un nome un concetto) negli sceneggiati di Anton Giulio Majano (L’alfiere e Jane Eyre), quando la tv entrava nelle case per educare ai classici. Da signora del teatro, lei che nella vita vera è sposata con lo scrittore Raffaele La Capria, uno degli autori contemporanei più interessanti e prolifici, è stata diretta da Luchino Visconti (Uno sguardo dal ponte e Figli d’arte) e da Giuseppe Patroni Griffi, ricavandone puntualmente profonde soddisfazioni artistiche e personali. «Lavorare nel cinema è un’esperienza esaltante, che spero di ripetere, magari con qualche autore del cinema giovane. Anche se l’età avanza» celia lei, che quest’anno, tanto per non smentire la sua tempra, ha aderito alla lista Pro Life di Giuliano Ferrara, candidandosi nel collegio del Lazio (ma già negli anni Ottanta Ilaria si era impegnata in politica con i radicali). Quando le chiedo a chi vorrebbe dedicare questo premio, da pasionaria leale lei risponde: «Dedico questa vittoria alla mia piccola romena, Dorothea Petree, una ragazza di grande talento, che desidera fare bene nel cinema romeno che sta per rinascere». Tale generosità, nella dedica del premio locarnese (per la verità, abbastanza prevedibile) alla sua partner cinematografica, non stupisce. Soprattutto perché la dominante di Mar Nero è, in effetti, quello speciale legame femminile che si crea tra l’anziana vedova Gemma, lasciata sola da un figlio, che la ama distrattamente a modo suo, e la giovane badante romena Angela, che arriva a Firenze senza sapere una sola parola d’italiano ma che, facendo di necessità virtù, subito apprende il nostro idioma, a furia di venire dapprima insultata e sfottuta dalla sua padrona e dopo blandita e consolata da una Gemma più comprensiva e solidale (bella la scena in cui Angela torna a casa ubriaca, dopo una desolante notte di Capodanno e Gemma la sistema nel letto, quasi fosse sua figlia). Generosa anche da nonna di Caterina e Bernardino, figli della figlia d’arte Alexandra (anche sposa di Francesco Venditti, figlio del cantante), Ilaria dice: «Mia nipote, lo sento, farà l’attrice: quando entra in una stanza è subito star lei, che ha solo 11 anni, catalizza immediatamente gli sguardi di tutti e si fa notare».

Buon sangue non mente, allora e da signora del teatro, che ha portato in scena Cechov, Goldoni, Pirandello a signora del cinema, che si diverte con civetteria a imbruttirsi e a invecchiarsi lavorando con i giovani, Ilaria Occhini sembra avere tutta la vita davanti.

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