RomaÈ fatale. Anche solo parlando duno spettacolo ambientato nel 1860, con Massimo Ghini si finisce sempre per buttarla in politica. Forse perché proprio la politica, è il senso dichiarato del suo essere attore. Così anche lapparentemente innocuo Cannibardo e la Sicilia (spettacolo tratto dagli scritti di Andrea Camilleri, che stasera inaugura la prosa al Festival di Spoleto) fa da scintilla alle passioni dellattore. Che a settembre debutterà anche come presentatore tv, in una delle poche novità di Raidue, Delitti rock, trasmissione che va a scandagliare i misteri della musica. E che da sempre, anche nel suo lavoro, si dichiara politicamente schierato. A sinistra.
«Bisogna dire la verità. E senza inutili lagne, ma con ironia, Cannibardo e la Sicilia la dice. In Sicilia il Risorgimento fu una rivoluzione sostanzialmente tradita. Partendo da cinque romanzi di Camilleri (che apparirà come narratore, sia pure solo in video), e con lausilio delle musiche di Giuseppe Verdi e di canti depoca reinterpretati dallo chansonnier Mario Incudine, io e gli attori Mimmo Migniemi e Vincenzo Crivello racconteremo come lentusiasmo patriottico dei siciliani venne frustrato e tradito da tutti quelli che calarono dal Nord: piemontesi, liguri, lombardi. Tutti dimostratisi inadeguati a governare. Lo scriva, lo scriva. Vediamo, se avrà il coraggio di scrivere queste cose sul Giornale».
E perché non dovrei averlo, scusi?
«Perché esiste un parallelo fra allora e oggi. E, sia pure a denti stretti, i testi di Camilleri inducono a sorridere sulle strane attinenze fra la Sicilia del dopo unità dItalia, e quella del suo centocinquantenario».
Dunque il vostro sarà uno spettacolo politico?
«Sarà una giusta operazione culturale. Se svolgerà anche una funzione politica, tanto meglio. Ma perché mi fa questa domanda? Dove vuole arrivare? Vuol dire che uno come me impegnato in politica non può girare i cinepanettoni di Natale? Che non può prendere parte a show tv come quello di Carlo Conti Lasciami cantare?»
Io volevo solo chiederle se ha mai preso parte a film o a spettacoli di cui poi, politicamente parlando, sè dovuto vergognare.
«Ma io sono un giullare illuminato! Mi sono sempre battuto per avere la libertà di fare quel che voglio, io! Se posseggo il dono di saper recitare voglio metterlo al servizio delle mie convinzioni. Ma rifiuto lidea dellattore intellettuale: ho terrore di chi confonde una cosa collaltra. Semmai, molto più degli attori che fanno politica, mi spaventano i politici che fanno spettacolo. Come certi ministri».
Ma non le sembra che nel cinema italiano essere di sinistra abbia sempre avvantaggiato, mentre appartenere alla destra abbia costituito un marchio dinfamia?
«Questo è un ragionamento pacchiano. E se un vantaggio cè, la colpa è solo della destra, che della cultura se nè sempre fregata, mentre la sinistra lha sempre tenuta nel suo seno. Risultato: grandi autori come Germi, Guareschi, Olmi, Zeffirelli, hanno avuto delle difficoltà».
E lattuale «boom» del cinema italiano - gli incassi più alti da trentanni in qua - non dimostrano che il successo si ottiene col talento, più che con le sovvenzioni pubbliche?
«Uno stato civile deve sostenere la cultura, non tagliarla. E ci vorrebbe una vera industria, in cui il cinema dei grandi incassi potesse sostenere quello più autoriale e delite».
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