Cultura e Spettacoli

«La sordità è comica, la cecità tragica». Parola di David Lodge

Bompiani ha pubblicato l'ultimo romanzo dello scrittore inglese. Si intitola «Il prof è sordo» e racconta le esilaranti avventure di un celebre linguista alle prese con un handicap che ha tanti risolti grotteschi (ed alcuni molti amari)

Leggendo l'ultimo romanzo di David Lodge, pubblicato come i precedenti da Bompiani («Il prof è sordo», 448 pagine, traduzione di Rosetta Palazzi e Mary Gislon), viene in mente una celebre quartina tratta da «Il conte di Carmagnola» di Alessandro Manzoni. «S'ode a destra uno squillo di tromba; / a sinistra risponde uno squillo; / d'ambo i lati calpesto rimbomba / da cavalli e da fanti il terren». Ci vuole orecchio, si è subito nelle condizioni di pensare, per scrivere versi così ritmici e armonici. Ci vuole, però, un bell'udito anche per immaginarsi questa cavalcata di suoni in perfetta stereofonia. Il protagonista del romanzo di Lodge non potrebbe mai scrivere questi versi. Desmond Bates è un accademico (tanto per cambiare!). Per la precisione un professore di linguistica in pensione. Anzi un pre-pensionato. Per vari motivi. Non ultimo il fatto di aver perso progressivamente ma inesorabilmente la facoltà dell'udito. Se poi aggiungiamo che il nostro autore, un ex cattedratico britannico da anni prestato (e con notevole successo) alla narrativa, ha anch'egli perso i piaceri derivanti da un orecchio fine e sensibile, beh... non manca proprio alcunché per fare dei racconti di Lodge un vero e proprio genere letterario. Una sorta di canone ad personam. Il suo primo romanzo ad essere tradotto da noi è stato «Small world» («Il professore va al congresso» il titolo in italiano) nel 1997. Fu subito un successo. Per una serie di ingredienti che da allora rendono ben sapide tutte le sue pietanze. Proviamo in sintesi ad elencarle: una parte consistente di autobiografia (rende la penna scorrevole); un ritratto bonario e disincantato del mondo accademico britannico (sempre in bilico tra la divertita compassione di Chesterton e la cattiveria di Waugh); e le agnizioni e i colpi di scena tipici della commedia (quella che da Plauto arriva dritta dritta fino all'inglesissimo Wodehouse). Nell'ultimo romanzo questi ingredienti sembrano sciapi (mancano di sale, cioè) ma resistono. La parte preponderante è affidata alla caratteristica più importante del suo protagonista: Desmond Bates è sordo. Sordo come una campana. È questa più di ogni altra cosa a rendere agitate le sue notti. Il peggioramento dell'udito lo confina in un isolamento sempre maggiore e lo rende protagonista di errori, fraintendimenti, figure ridicole e imbarazzanti in società. Un romanzo acuto e originale in cui David Lodge racconta, con lo stile irriverente che lo ha reso famoso, l'irresistibile dibattersi di un uomo che non vuole rassegnarsi alla vecchiaia e alle sue fragilità, mescolando ancora una volta i toni di tragedia e commedia che sono parte della vita di tutti. Il romanzo non ha una morale. Né un lieto fine particolarmente «canonico». Le oltre 400 pagine scorrono veloci per raccontare le ansie del baby pensionato. Le paure e premure per il vecchio genitore ultraottantenne. Le insidiose avance di una studentessa americana bisognosa di una tesi di dottorato bell'e pronta e di molte attenzioni. L'enigma di una moglie più giovane e in carriera; con un seno rifatto ma molto cattolica. Come tutti i romanzi di Lodge (ma meno degli altri, bisogna ammetterlo) il romanzo offre una sana e piacevole oasi al lettore che cerca nei libri uno svago divertente ma mai scevro da insegnamenti e utili informazioni. In questo caso sono proprio i dettagli sulla sordità che abbondano e che possono arricchire il lettore più curioso (e sensibile). Citando a caso tra le tante pagine dedicate a questo handicap leggiamo: «La sordità è una sorta di pre-morte, un'introduzione protratta al lungo silenzio in cui tutti alla fine ci ritroveremo». Oppure: «Nel Regno Unito ci sono nove persone sorde o dure d'orecchie», fino al laconico «La sordità è comica, mentre la cecità è tragica». Ed è proprio da qui che parte Lodge. Il risultato, forse, lascia un po' a desiderare, soprattutto per tutti coloro che da sempre amano la narrativa del cattedratico britannico. Resta, tuttavia, come consolazione dell'incallito fan di Lodge un gioiellino narrativo forse algido ma senza imperfezioni. Impreziosito - tra l'altro, e gli aspiranti scrittori e gli assidui frequentatori di corsi di scrittura creativa ne saranno contenti - da una sorta di esercizio di laboratorio. Lodge immagina, infatti, che il suo protagonista (anche narratore) stia scrivendo una sorta di diario. E non solo lo scrive ma si compiace anche di passare dalla terza alla prima persona, dal presente al passato prossimo, per dimostrare tutte le differenze insite in una scelta stilistica.

Che, il linguista di pregio insegna, non è mai neutra.

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