Sorpassato? Il mondo dice «verum non est»

«Avete atque valete amici». In un venerdì autunnale nella sala del Circolo Filogico milanese in via Clerici 10, l’architetto Giancarlo Rossi, presidente della «Sodalitas Latina Mediolanensis», dà il benvenuto ai presenti, venuti a piedi o in bicicletta (c’è sciopero dei mezzi di trasporto), pur di non perdere il loro appuntamento bimensile. Si legge Catullo, questa sera: «Vivamus mea Lesbia atque amemus...». «Pernotum carmen est» avverte il lettore, professor Giancarlo Monti, latinista e traduttore. Perché qui si legge, si parla e si commenta in latino, utilizzando il metodo dello studioso danese Hans Orberg (autore dei Sermones romani introdotti e diffusi in Italia dal latinista Luigi Miraglia) che consente un approccio diretto con la lingua.
L’impressione, mentre risuonano i versi di uno dei più bei canti d’amore di tutti i tempi, è di essere un gruppetto di naufraghi aggrappati a una piccola zattera classica perduta in un oceano di english, spanglish, italish, globish, insomma la minoranza delle minoranze, legata a una lingua a rischio estinzione, stando almeno all’Sos lanciato a Roma in maggio durante un convegno dal Cnr e dal Pontificio comitato di scienze storiche.
Ma se non fosse così? Se la riscossa del latino, lingua fondante della civiltà europea, partisse proprio dai luoghi che da questa civiltà appaiono lontanissimi? Mentre in Italia la scuola e parte della Chiesa da più di trent’anni cercano di liberarsi da questa pesante eredità «gentiliana» (basti pensare alle infastidite reazioni di molti ecclesiastici alla riproposta da parte di Benedetto XVI della Missa Tridentina), la lingua di Roma zampilla da polle insospettate.
Dalla Cina, per esempio, dove la Storia della lingua latina del professor Wang Huangsheng, è stata dichiarata lo scorso anno uno dei dieci libri più importanti pubblicarti nella Repubblica popolare. Dagli Stati Uniti, dalla Russia, dal Messico, dal Congo da dove arrivano gli studenti (età media fra i 22 e i 50 anni) dei corsi tenuti da «Latinitas», la fondazione vaticana presieduta da monsignor Cleto Pavanetto, direttore anche della rivista trimestrale omonima (Fondazione «Latinitas», 00120 Città del Vaticano, tel. 0669884648, e-mail: latinitas@org.va). Più si è lontani dall’albero romano, più la ricerca delle sue radici risponde a motivazioni profonde: «Il mio allievo congolese - racconta Cleto Pavanetto, indomito ottantenne e arabista, oltre che latinista - sta cercando di tradurre in latino i tanti dialetti della sua regione. Forse per un bisogno di armonia, di unità della persona. Sta qui l’importanza del latino».
Lo conferma da Loreto nelle Marche don Lamberto Pigini, altra straordinaria figura di prete imprenditore (classe 1924), da un lato precursore dell’insegnamento delle lingue straniere ai giovanissimi con Euroschool e dall’altro fondatore, direttore ed editore delle riviste Juvenis e Adulescens, mensili linguistici a fumetti in latino (editrice Eli): «Sapete - informa - da che lingua partono in Giappone per affrontare le lingue europee? Dal latino». Che il latino sia fonte di divertimento e non di apprendimento noioso don Pigini l’ha dimostrato mettendo la lingua di Cicerone in bocca a Topolino (Michael Musculus), a Paperino (Donaldus Anas), a Braccio di Ferro (Popejus) e a Snoopy (Snupius).
Si è divertito come un matto anche monsignor Pavanetto, celebrando lo scorso 25 novembre nel solenne palazzo romano della Cancelleria apostolica i 50 anni del Certamen Vaticanum, il premio di poesia e prosa latina promosso da «Latinitas». «Extinguite portatile», spegnete il telefonino, ha esordito aprendo la solenne cerimonia per assegnare la medaglia d’oro del pontificato di Benedetto XVI ai vincitori di quest’anno: Giuseppe Suppa di Roseto degli Abruzzi con il poema Italum de muliebri forma certamen («Il concorso di Miss Italia») e Oreste Carbonero di Alessandria, vincitore per la prosa con Requiescat in pace, ironico racconto di una diatriba fra suocera e nuora.
Amor vincit omnia. Ci vuole amore (e senso della bellezza) per battersi in favore del latino: l’amore che ha spinto il professor Luigi Miraglia a vendere un appartamento a Ischia per affrontare le spese del convegno «Humanitas» (350 convegnisti, 80 relatori, tutto in latino) tenutosi a Napoli in luglio, con l’assenza del sindaco, l’imbarazzo della curia e il silenzio della stampa.

L’amore che spinge Corrado Canussio, presidente del Centro di studi cesariani, ad aprire ogni anno il suo castello di Cividale del Friuli (patria dell’umanista rinascimentale Niccolò Canussio) per i convegni sull’Europa antica (www.fondazionecanussio.org). E che manda ogni anno agli amici deliziosi auguri, come questo di Capodanno 2006: «Feliciter tibi omnia quae tu vis, ea cupio».

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