Il genero di Maradona avrà fatto pentire Massimo Moratti. Non mi hai preso? E allora ti servo. Il tocco dolce di Sergio El Kun Aguero ha risvegliato l’Inter dal sogno delle sei coppe, interrotto il ciclo magico e chiuso i conti della Supercoppa d’Europa: 2-0 e buona notte Madrid. Chissà che notte a Madrid? Chissà che notte da incubi per i Supercannibali d’Italia. Desolante veder lentamente affondare una corazzata. Ma le magie non sono eterne. E la buona stella di Mou non veglia più. Il rigore finale sbagliato da Milito(pestone su Pandev, il portiere para) è stato il goccio d’amaro a metter tutti in guardia per il futuro. Inter così bruttarella da prendersi tutte le scusanti. I quattro supereroi(Julio Cesar, Maicnon, Sneijder, Milito), premiati giovedì a Montecarlo per l’ultima campagna d’Europa, ci hanno lasciato le penne, quasi il destino abbia voluto schiaffeggiarli subito. E l’Inter con loro.
La faccia sonnolenta di Michel Platini, poco prima dell’inizio, era un presentimento o un avvertimento? Poveretto, c’è da immaginare la faticaccia nel tener aperti gli occhi durante il primo tempo. Roba da caffè forte. Ma c’era da aspettarselo. Due squadre ancora da lavori in corso, soprattutto l’Inter. Calcio pigia- pigia per evitar di sentirsi il brivido addosso. Tutti coperti e uniti in attesa di qualche diavolo santificatore, che normalmente è un controsenso, ma nel calcio è l’unica fede e fiducia riconosciuta. Da una parte Aguero e Forlan, dall’altra Milito ed Eto’o.
Calcio da assaltatori con il duo degli spagnoli, trovate più raffinate nella coppia nerazzurra che Benitez ha pensato di schierare sostenuta da un centrocampo sostanzioso: da qui fuori “moschino“ Pandev e dentro “carroarmato“ Stankovic. Inter più fisica e l’idea è servita per tener botta 60 minuti. Non di più. Il tecnico non ha certo dimenticato quei problemini sofferti dalla sua difesa contro la Roma. Ieri sera c’era il rischio (e c’è stato) di ripetere l’esperienza: non a caso Chivu ha rischiato la figuraccia e il rigore sul primo affondo di Aguero, volato in area con la compartecipazione delle manone del difensore rumeno. Un altro arbitro avrebbe visto un rigore. Massimo Busacca, passaporto svizzero, nome italiano, ha mantenuto un aplomb “internazionale“.
Passato il pericolo, l’Inter si è assestata in una guerra di posizione del centrocampo. E l’Atletico ha tenuto botta con una difesa agguerrita e attenta. Samuel (colpo di testa alto) e Eto’o (bello slalom e sinistro fuori) hanno provato a bucarla. E gli altri a rispondere: tutto qui? Certo, l’Inter è la squadra campione d’Europa, non può pensare di giocare come sui campetti della nostra provincia. Il buon Benitez avrà da lavorare per creare un gioco più appagante agli occhi. La gente del Principato, per trequarti d’ora, si sarà pentita di aver pagato il prezzo del biglietto. Poi i gol hanno svegliato tutti.
Partita da campionario della buona volontà. Ma nel calcio tutto torna, solo se il centrocampo rende. Inter e Atletico ci hanno provato. Qualcosa manca, tranne le rudezze, a entrambe le squadre. E Moratti dovrebbe pensarci. Se Sneijder non s’accende (e ieri sera aveva la pila scarica), se Maicon non travolge (e ieri si è concesso poco), l’attaccare dell’Inter rischia di essere uno spolvero di piumino. Appunto, lo ha capito anche l’Atletico ed ha provato a metter l’Inter alle corde: sia sul piano fisico, sia quello calcistico. Ci ha visto bene. Josè Antonio Reyes, la perla di Utrera, tien fede al soprannome e innesta le marce alte: dapprima chiama la bella parata di Julio Cesar, svicolando in area, poi lo buca perfidamente sfruttando l’assist di Aguero e le incertezze di Maicon. Chissà forse un segno del destino che insegue Benitez. Reyes ha giocato tre anni nell’Arsenal, giusto il tempo per vincere o scudetto nella Premier. Merida, l’uomo che poco dopo lo ha sostituito, è stato l’ultimo giocatore che ha segnato gol al Liverpool di Rafa. Mai ignorare i segnali del destino. Per esempio, quella palla gol mal calciata da Milito, deviata dal portiere e annullata dal fuorigioco. Che poi ha avuto seguito con il rigore.
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