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Sorpresa: tagliare posti letto non fa risparmiare

I dubbi della Fials Confsal sull’effettiva efficacia del progetto di riordino

Antonella Aldrighetti

La razionalizzazione della sanità regionale, concretizzatasi con la soppressione nei prossimi tre anni di 5760 posti letto, è stata pubblicizzata fino a oggi come una necessità inderogabile per rientrare nei ranghi del budget annuale. Almeno questo sarebbe dovuto essere il senso dell’operazione: risparmiare. Sarebbe, appunto, perché dal progetto di riordino, invece, sul «capitolo risparmio» non si evince alcuna cifra né dettagliata, né ipotizzata. Anzi tutt’altro. L’impatto economico che proverrebbe dal taglio cospicuo dei posti letto non si evince da nessuno dei conteggi sviluppati, visto com’è strutturata la remunerazione delle prestazioni sanitarie.
Già, ma la risposta al farraginoso ed elusivo piano di riorganizzazione ce l’ha la Fials Confsal specificando che «quanto ai denari impegnati per il mantenimento diretto di quei posti letto da tagliare bisogna fare dei distinguo». «Dal piano di riordino - puntualizza Gianni Romano, segretario regionale del sindacato - non si evince alcuna cifra che palesi e quantifichi le risorse economizzate perché non ci può essere. Lo sanno bene sia l’assessore alla Sanità Augusto Battaglia che il presidente della Regione Piero Marrazzo ma pure l’Asp: non sono i posti letto ad incidere sui costi della sanità e precisamente sull’indice di produttività, ma è il Drg, ossia la tariffa che permette di pagare tale produttività e quindi tutte le prestazioni offerte dall’ospedale. Detto questo è inevitabile che la soppressione dei posti letto condizioni solo l’offerta per i pazienti ricoverati. E non è peregrino rimarcare che questa stessa soppressione smantella di netto la sanità pubblica». Sempre in capo al «capitolo risparmio» però si potrebbe ipotizzare quello derivante dai costi degli operatori sanitari che prestano servizio proprio su quei posti letto e che verranno «falcidiati». Un timore che si aggancerebbe, a sentire il sindacato autonomo, ad altri crucci. Eccoli: «La riconversione della capienza ospedaliera in favore di presidi territoriali di prossimità, di punti nascita, di ambulatori di quartiere e, al massimo di prestazioni in day hospital produrrà altri effetti immediati - aggiunge il sindacalista -. Il primo riguarda l’allungamento di tempi d’attesa per i ricoveri in ospedale, la mobilità del personale sanitario in attesa di una ipotetica ricollocazione e la crisi dell’offerta assistenziale nelle residenze per i malati cronici e i portatori di handicap».
La sequela delle questioni fin qui analizzate inoltre consente alla Fials Confsal di lanciare altre accuse. L’argomento è il numero reale dei posti letto nel Lazio. Già perché secondo Gianni Romano ci sarebbe una sorta di giallo attorno ai conteggi. «Dal sito web della regione vengono fuori, dall’ultimo controllo dell’Asp, 26.528 posti letto ordinari e altri 3.338 in day hospital per un totale di circa 29.868 ma - aggiunge - se ci si inoltra nel piano di riordino, siglato sempre dall’Asp, si valutano solo 22.941 posti letto. All’appello ne mancherebbero circa 7.000 (precisamente 6.927). Ci auguriamo che abbiano fatto male i conti perché diversamente la giunta Marrazzo, invece di 5.760 posti letto, ne taglierebbe altri 7.000».

E sul quadro definitivo che denota l’incertezza numerica interviene il consigliere Udc Massimiliano Maselli che sottolinea quanto «il continuo balletto sul numero dei posti letto che si vogliono tagliare, sugli ospedali che si vogliono chiudere o addirittura costruire, sul numero dei posti da riconvertire in Rsa è fonte di profonda preoccupazione».

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