«Sorteggio truccato? Non sono Houdini»

L’ex presidente dell’Aia Lanese: «Non ho cenato solo con i dirigenti della Juve»

da Roma
Non ha usato giri di parole Giorgio Merlone, legale dell’ex designatore Pierluigi Pairetto, nel liquidare come «pura fantasia» le affermazioni di Manfredi Martino, ex segretario della Can, in merito a presunte irregolarità nei sorteggi per gli arbitraggi. «Come sarebbe stato possibile per Pairetto alterare i sorteggi? Doveva avere la vista di un falco pellegrino per individuare le palline e la manualità del mago Houdini per poterle accoppiare». Merlone non s’è limitato a definire «un’illazione gratuita e indimostrabile» la versione di Martino, ma ha aggiunto: «È stato ascoltato per ben otto volte e questo è un particolare assai rilevante per chi ha dimestichezza con le aule giudiziarie. Anzi, è qualcosa che non riesco a capire o che capisco troppo bene... La sua versione è talmente contraddittoria rispetto alla realtà che fa nascere dei sospetti». La prova dell’inconsistenza dell’accusa, secondo il legale, la si ha quando l’ex designatore Pairetto è accusato «d’aver fatto le acrobazie per determinare un arbitro», e poi «sceglie maliziosamente Collina, l’arbitro meno gradito alla Juventus». E ancora. «Nulla di inopportuno», dice Merlone, nei rapporti fra l’ex designatore e la dirigenza bianconera: le testimonianze degli arbitri «dimostrano che Pairetto non ha mai suggerito a nessuno di favorire neanche larvatamente una squadra». Quanto alla telefonata dei «cinquanta occhi aperti» con Dondarini, prima della partita Sampdoria-Juventus arbitrata dallo stesso Dondarini, il legale l’ha spiegata con la «candidatura» del fischietto all’incarico di arbitro internazionale: «Sono le parole del padre che accompagna il figlio all’esame di maturità».
E anche il fischietto Dondarini, ieri, come i colleghi Messina e Rodomonti, è tornato a rivendicare la sua estraneità ai capi d’imputazione chiesti dal procuratore federale Stefano Palazzi. «C’è un vuoto pneumatico di prova», ha detto l’avvocato Ugolini per Dondarini. «Sono totalmente estranei ai fatti», ha rincalzato l’avvocato Cirillo per gli altri due fischietti. Chiamato a difendersi, subito dopo, l’ex presidente dell’Aia Tullio Lanese, che tramite il suo avvocato Giovanni Aricò ha contestato tutte le accuse. A partire dal presunto «avallo» al «silenzio» di Ingargiola dopo l’episodio Paparesta (chiuso a chiave nello spogliatoio dello stadio Granillo di Reggio Calabria dall’ex dg juventino Luciano Moggi). «Checché se ne dica – è la tesi del legale – Ingargiola doveva tacere». Quanto alla presunta anticipazione telefonica a Luciano Moggi della notizia della cessata sospensione degli arbitri Gabriele e Palanca (dopo il proscioglimento nell’inchiesta sul calcio-scommesse della scorsa estate), «la telefonata – spiega Aricò – è successiva alla comunicazione alla stampa. Ed è una prova della mancata concertazione». Ma è sul capitolo delle cene con i vertici bianconeri che il difensore di Lanese ha parlato fuori dai denti: «Ci scandalizziamo di questo?» ha chiesto. «Un presidente politico non può ignorare l’esistenza della Juventus e la funzione del suo dg, nell’interesse dell’associazione che presiede». In ballo, in quel periodo, c’era il riconoscimento per l’Aia del ruolo di sesta componente federale, con diritto di voto.

«Credete che questa ambizione potesse essere coltivata contro la Juventus? – chiosa l’avvocato –. Comunque per ottenere questo risultato Lanese ha incontrato tutti, non solo i dirigenti juventini. Delle cene con loro si è venuti a conoscenza perché erano controllati...».

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