Non è semplice rinunciare agli spaghetti con le vongole, tanto meno a un bel piatto di telline da mangiare magari allaperto al sole del litorale laziale. Eppure il rischio sussiste ed è molto più vicino di quel che si possa immaginare. Sono ormai quattro settimane, infatti, che vongole, telline e cannolicchi «made in Lazio», i molluschi bivalvi per gli addetti ai lavori, sono praticamente introvabili: spariti dalle coste laziali con cali medi del 50 per cento, più accentuati per vongole e cannolicchi, mentre per le telline si tratta di una oscillazione fisiologica tra il 10 e il 15 per cento).
A lanciare lallarme, le associazioni della pesca con una mossa che non lascia dubbi sulla gravità della situazione. Da una settimana infatti il Consorzio gestione molluschi (Cogemo) di Roma ha deciso di incrociare le braccia, lasciando ferme in porto circa una settantina di imbarcazioni; questo per sottolineare lo stato di profondo disagio che stanno vivendo gli operatori del settore. Il danno è notevole, basti pensare che la pesca dei molluschi rappresenta il 20,4 per cento della produzione ittica laziale.
Una crisi in realtà non nuova, anche se mai così accentuata. Nel 2005 le catture totali si sono attestate su circa 100 tonnellate, contro le 427 del 2003. Con riferimento ai primi venti giorni di gennaio, secondo Lega Pesca si è passati, per quanto riguarda i cannolicchi dai 90 chili per barca giornalieri del 2005 agli attuali 40. Per rendersi ancora più conto del contorno della situazione, basta dare uno sguardo al limite di cattura imposto dai Consorzi nellAdriatico pari a 600 chilogrammi al giorno ad imbarcazione, contro quello del Lazio di 150/200. Limite comunque mai raggiunto, conferma il responsabile del Lazio dellAgci Agrital, Massimo Sardone, secondo il quale la cattura non supera mai gli 80 chili al giorno. Insomma il 2006, secondo il presidente del Cogemo compartimento marittimo di Roma, Claudio Brinati, sembra essere iniziato sotto i peggiori auspici, cui fanno eco i dati di Lega Pesca, secondo cui mentre se nel gennaio 2005 la media giornaliera era di 130 chili per barca, oggi la produzione è di fatto azzerata e le imbarcazioni non armano nemmeno gli attrezzi per uscire in mare; del resto con il caro gasolio, il gioco non vale la candela, tanto che Sardone dichiara che ormai «la pesca è diventata antieconomica».
Ma il settore, lungi dal piangersi addosso, vuol fronteggiare la crisi facendo fronte unico con le istituzioni chiamate allappello non per chiedere aiuti finanziari, ma per trovare le cause di questo depauperamento dilagato anche in passato fino alle coste campane. Tra le ipotesi ci sono le forti piogge della fine del 2005 con il conseguente apporto di sostanze inquinanti dallentroterra, il freddo degli inizi del 2006 e, non ultimo, leffetto del «ripascimento morbido» che ha sconvolto la composizione del substrato nel quale vivono i molluschi. E proprio a questo proposito lAssessore alla pesca della Regione Lazio, Daniela Valentini si è resa subito disponibile ad avviare dei campionamenti delle risorse ittiche per verificare lo stato dei molluschi del litorale laziale e ad incontrare i rappresentanti del Cogemo in modo da affrontare direttamente la questione.
Ma le associazioni vogliono di più e chiedono un confronto, prima che politico tecnico, per valutare misure tempestive per colmare ritardi accumulati nella soluzione di questo problema. A questo proposito Federcopesca ha scritto al Sottosegretario Paolo Scarpa Bonazza per avviare subito un Tavolo.
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