Il sovrintendente della Scala costa 7 milioni agli italiani

Milano La spending review si è fermata in piazza della Scala. Il sovrintendente Stéphane Lissner costa al contribuente un milione l’anno. Anzi, a spulciare le cifre, qualcosa in più: 1 milione e 50 mila euro. Un tesoretto che mal si coniuga con la politica tutta forbici predicata dal governo dei tecnici. Siamo in emergenza, tutti si tagliano le retribuzioni, ma alla Scala l’austerità dev’essere confinata nel loggione. Certo, non nello studio di Lissner. Che è arrivato nel 2005 e in sette anni dev’essere costato, a spanne, circa 7 milioni di euro. Non che il sovrintendente abbia avuto la mano fatata e abbia risolto i problemi del celeberrimo teatro. La Scala, al di là del blasone planetario, zoppica: il deficit viaggia sui 4,5 milioni l’anno e se non ci fosse il generosissimo contributo delle istituzioni - circa 40 milioni l’anno - il palcoscenico più famoso del modo chiuderebbe in un amen.
Per carità, non si può giudicare un’eccellenza italiana, come si definisce la Scala, con la logica contabile, ma i numeri straripanti di Lissner vanno conosciuti laicamente dall’opinione pubblica. Senza incipriarli nel mito. Dunque, si può spacchettare la sua retribuzione voce per voce, fino a comporre il faraonico emolumento.
La base annua del suo stipendio, anche se il vocabolo a quelle altezze vertiginose appare riduttivo, è di 455mila euro lordi. A questi si aggiunge un incentivo, a quanto pare a portata di mano e sempre aggiunto, di 155mila euro. E ancora una splendida dimora, in pieno centro: l’affitto, a carico della fondazione alla Scala, è di circa 85mila euro. Poi ci sono i costi, che naturalmente non compaiono nella busta paga: gli oneri. E qui vanno calcolati, grossomodo, altri 160 mila euro. Complessivamente siamo oltre gli 850mila euro lordi, sempre su base annua.
Potrebbe pure bastare, ma non basta. Perché nel sontuoso contratto, Lissner porta a casa anche un’auto, non proprio light: una Bmw serie 7. Una berlina extralusso come Lissner che i comuni mortali vedono col binocolo come i melomani l’opera, in vendita da 79 mila euro in su. Ma la vita del sovrintendente, per di più direttore artistico, non è semplice: certo Lissner non può comandare a bacchetta un maggiordomo, come la Regina d’Inghilterra, ma può schierare un autista. Che costa 71 mila, euro e va a arricchire le sempre strabilianti statistiche sulle auto blu. Insomma, a sommare tutti i pezzi del sistema Lissner si rischia di perdere il conto. Perché poi ci sono le missioni e qui scatta la diaria che non è quella di un dipendente dello Stato, ma fa ulteriormente lievitare i compensi del sovrintendente, anche se la cifra non è ufficialmente nota. E poi, per non farsi mancare niente, Lissner ha anche una carta di credito che è, per quel che si sa, a strisciata libera. Il sovrintendente può pure scordarsi il portafoglio a casa. E quando va in giro, per contratto, ha diritto a riposare in hotel a cinque stelle. Una vita superaccessoriata, la sua.
Incredibile ma vero, al giro di boa del 2012, gli è stato pure riconosciuto un premio, da spalmare, sui prossimi cinque anni, di altri trecentomila euro. Fanno sessantamila euro l’anno, ottantamila con i costi che un simile ingaggio si porta dietro. In cda, quando la proposta è andata ai voti, solo Fiorenzo Tagliabue, consigliere di nomina regionale, ha votato contro un regalo che francamente stonava. E stride per due ragioni: la prima perché siamo, pure dalle parti di piazza della Scala, in un’epoca di crisi in cui anche i più prestigiosi teatri d’opera faticano a stare in piedi; la seconda perché, con tutta onestà, non pare che Lissner abbia dato una svolta alla vita dell’istituzione. Basta scorrere l’autorevole studio della MicKinsey & Company per leggere frasi taglienti come frustate a proposito delle «principali criticità del teatro»: «Il funzionamento sub-ottimale della macchina operativa: gli elevati costi del personale; il potenziale inespresso di crescita delle entrate». «A fronte di questa situazione di partenza - prosegue implacabile il report - si constata un equilibrio economico - finanziario precario (30 milioni di perdita nel periodo 2012-2015) e un piano di investimenti poco sostenibile». Un mezzo disastro, anche se molti preferiscono vedere il bicchiere mezzo pieno.
In questo contesto, Lissner deve aver fiutato l’aria e ha proposto una riduzione del 10 per cento del suo ingaggio. Se ne parlerà nel cda della Scala, la settimana prossima; intanto va detto che nel lussureggiante labirinto di voci e benefit vari, l’entità della riduzione non è ancora chiara e non è stata messa a fuoco. Per carità, la mossa, che riguarda altri dodici dirigenti fra cui il maestro Daniel Barenboim, è apprezzabile ma potrebbe anche fare l’effetto di una nube di coriandoli. E potrebbe servire giusto a calmierare il bonus appena ottenuto. Una scalfittura dopo l’ultimo bonus. Gira e rigira, dietro il palcoscenico c’è sempre il sovrintendente più caro al mondo.

E il pareggio di bilancio resta lontano. Come la “produttività” dei principali concorrenti a livello internazionale, dall’Opera Bastille alla Royal Opera House. Ma questo discorso ci porterebbe lontano. E invece, in platea, si aspetta la spending review.

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