Spaghetti a prezzi raddoppiati Inchiesta su 5 big della pasta

Tanto cara al palato quanto al portafoglio degli italiani, la pasta finisce sotto inchiesta. Nel mirino delle Fiamme Gialle ci sono le aziende leader del settore, accusate di aver costituito un «cartello» per aumentare i prezzi e azzerare la concorrenza. Così sono state perquisite, nell'ambito dell'inchiesta avviata dalla Procura di Roma, la sede della Barilla a Parma, quella della De Cecco a Pescara e Roma, il pastificio Garofalo a Gragnano in provincia di Napoli, il pastificio Amato a Salerno, la sede della Divella a Bari e la sede dell'Unione pastai italiani a Roma (Unipi): sono stati anche sequestrati documenti e verbali.
Al centro dell'inchiesta c'è l'aumento ingiustificato dal 2007 ad oggi di circa il 50 per cento del prezzo della pasta: l'ipotesi di reato è quella prevista dall'articolo 501 bis del codice penale, vale a dire manovra speculativa sul prezzo delle merci, che prevede una pena fino a tre anni di reclusione. Secondo quanto si è appreso vi sarebbe una persona iscritta sul registro degli indagati, ma ben presto il numero potrebbe aumentare.
Del resto, le stesse società sono già state severamente punite per intesa restrittiva della concorrenza dall'Antitrust, dopo un'indagine partita dalla denuncia delle organizzazioni dei consumatori, conclusa con multe per oltre 12 milioni di euro (5 milioni la più alta, inflitta a Barilla), poi riconfermate dal Tar del Lazio. In tutto sono state condannate 22 aziende produttrici, più Unipi (Unione industriale pastai italiani) e Unionalimentari (Unione nazionale della piccola e media industria alimentare.)
Dopo la «batosta» della giustizia amministrativa - contro cui però è in atto un ricorso al Consiglio di Stato - ora è il turno di quella penale, di cui le perquisizioni delle Fiamme Gialle rappresentano il primo passo. Ora la procura ha acquisito la documentazione già raccolta dall’Autorità garante della concorrenza, secondo cui i big della pasta avevano creato un’intesa - tra ottobre 2006 e marzo 2008 - per concertare gli aumenti del prezzo di vendita da applicare poi alla distribuzione.
«Massima disponibilità a collaborare» e nessun commento: è l'unanime reazione delle società coinvolte, da Barilla a De Cecco, dalla Garofalo di Gragnano all'Unipi, il cui presidente Massimo Menna tiene però a ribadire che «non vi sono mai state speculazioni né si è mai configurato alcun accordo lesivo degli interessi dei consumatori». Solo il pastificio Divella fa notare che «sono venuti a chiedere le stesse carte che la stessa Guardia di finanza aveva già acquisito circa due anni fa nell'ambito degli accertamenti richiesti dall'Antitrust».
Dal canto suo, la Coldiretti ricorda che il grano duro viene pagato agli agricoltori 18 centesimi al chilo, mentre la pasta viene venduta in media a 1,4 euro al chilo, con un ricarico del 400% anche considerando le rese di trasformazione. In pratica, il prezzo della pasta è rimasto pressoché stabile rispetto al 2008 nonostante le quotazioni del grano siano scese del 30%.

Un comportamento che ha pesanti conseguenze se si considera che la pasta è il piatto preferito dagli italiani, i cui consumi lo scorso anno sono stati pari a 1,5 milioni di tonnellate, per un controvalore di 2,8 miliardi di euro, e nel primo semestre del 2009 sono cresciuti ancora in valore del 2,8%: l'equivalente di una spaghettata da 26 chili annui a persona, tre volte di più rispetto ai nostri omologhi statunitensi, greci o francesi.

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