La Spagna che come un toro vede solo Rosso e vede soprattutto Alonso, per il momento deve bersi impotente una bibita energetica a quattro ruote e condividere con lintero Circus unimbarazzante verità: la Red Bull di quel mago progettista di Adrian Newey, senza barare, ha quasi un secondo sul giro rispetto a tutti gli altri. Big compresi: dietro a Webber-Vettel, Hamilton è a oltre 8 decimi, Fernando a 9 abbondanti.
E dire che lo spagnolo e la Ferrari, venerdì sera, speravano senza crederci - perché certi dati li sanno leggere - che i tempacci segnati dal duo energetico fossero soprattutto figli di macchine ottime e un po leggere. Ma così non era e non è stato. Per cui ieri Alonso si è limitato ad ammettere che «sono troppo superiori sia in qualifica che in gara» e a sperare di nuovo che la fragilità mostrata in gara dalle Red Bull si riconfermi con la stessa puntualità con cui, da cinque Gp, le vetturette austro-inglesi motorizzate Renault si mettono in tasca tutte le pole (tre per Vettel e due per Webber). Fernando ha infatti aggiunto: «Dallinizio del campionato hanno sempre conquistato le pole, ma in classifica sono indietro (riferimento alla scarsa affidabilità, ndr). Ora, però, credo sia diverso... anche se tutto può ancora accadere. Quanto al sistema F-duct (il dispositivo copiato alla McLaren che, gestito dal pilota con la mano, toglie carico allalettone in rettilineo regalando velocità) «senza saremmo al settimo o ottavo posto...» confessa Fernando. Per la verità, Massa è nono, ma perché con la F10 e il bilanciamento ci sta litigando: «Mi pareva di guidare una macchina da rally...».
Tutti preoccupati, dunque, anche perché una delle poche verità certificate del Circus è che la pista di Barcellona è la cartina di tornasole della bontà delle monoposto. Cioè, quando il carrozzone rientra dalla lunga trasferta extra europea, a Montmelò vengono al pettine tutti i nodi e se nodi non vi sono vuol dire che la macchina che svetta sarà quella che menerà delusioni agli altri. Fra questi, ce nè uno altolocato che, per lo meno, torna a un flebile mascelluto sorriso: Michael Schumacher. «Questa macchina la guido meglio, ma più di così non potevo tirar fuori» dice per sancire la sua prima volta in griglia davanti al compagno Rosberg. Merito del lento e sacrosanto riadattamento del crucco alla F1 e anche della progressiva schumacherizzazione dellassetto Mercedes arrivata in Spagna - addirittura - con il passo più lungo, mica noccioline.
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