La cronaca della storia recente si arrende alla fiction. È il caso dei fatti di Genova del 2001 o della strage di Piazza Fontana; il film su Gheddafi o il caso di alcuni protagonisti del passato che diventano comparse della fiction, come Franco Piperno di Potere Operaio o il magistrato Giuliano Turone che indagò sulla P2, e i politici attori. Il film su Genova si presenta poco credibile già dal promo che presenta quei fatti come «la più grande tragedia dopo la seconda guerra mondiale». Addirittura. Quella che fu una pagina nera dei black bloc e poi della polizia, qui diventa una catastrofe epocale. Nel film su Piazza Fontana spariscono la responsabilità di Lotta Continua per l’omicidio Calabresi e si tacciono le complicità intellettuali.
A me, come a tanti, Piazza Fontana spinse all’impegno politico.Avevo 14 anni. In un primo tempo, quando la matrice della strage sembrò anarchica, pensai che fosse il frutto avvelenato del ’68; lo fu, ma in senso lato. Poi mi convinsi della strage di Stato, il Palazzo che usava fanatici e manovali di estrema destra o sinistra per criminalizzare ogni svolta. In quel biennio ’68-’70 l'Italia si abbrutì.
La contestazione violenta, lo sfascio della famiglia e della scuola, l’accecamento ideologico, l’anti-meritocrazia, l’egemonia sindacale, la nascita sciagurata delle Regioni, la lottizzazione. Le stragi furono il battesimo di sangue di quell’Italia avvelenata. Ora non c’importa più la verità sulla storia, ci basta il suo romanzo, la narrazione (Nichi docet). Su, raccontaci una favola...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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