Spendiamo il 21% del Pil in pensioni e bonus

I vitalizi previdenziali sono 10,5 milioni e ci costano 80 miliardi. Il "pensionato" percepisce in media 23mila euro mentre lo stipendio medio di chi lavora è 20mila

Spendiamo il 21% del Pil in pensioni e bonus

L'assistenzialismo è la declinazione politica del familismo amorale che impedisce ai figli di diventare grandi e badare a sé stessi. Nel caso italiano l'assistenzialismo prende la forma non solo di una mamma apprensiva, ma anche di un papà, di un fratello, di un cugino e di uno zio tutti impegnati a regalare soldi non a chi ne ha davvero bisogno, ma a chi, per fortuna o puro caso, rientra in una delle decine di categorie degli aventi diritto che spesso non corrisponde affatto alla categoria degli aventi bisogno.

Lo strumento principale attraverso il quale lo Stato-mamma Italia nutre i suoi figli si chiama «pensione». Non quella che si ottiene alla fine di una vita di lavoro, ma a prescindere. Ad esempio la pensione sociale che viene erogata, indipendentemente dal versamento di qualsiasi contributo, a persone che si trovano in difficoltà economica al raggiungimento di una certa età. Le pensioni erogate sono 4.421.968 (dati 2016), costano allo Stato 22 miliardi e 764 milioni di euro e ne beneficiano 1.672.593 persone. Ciò significa che, mediamente, un avente diritto ne incassa 2,6. Secondo i calcoli dell'Inps, analizzati dal sito di data journalism Truenumbers.it, significa che ogni avente diritto incassa in media 13.284,67 euro l'anno.

Poi ci sono le pensioni di invalidità. Anche in questo caso l'erogazione dell'assegno prescinde dai contributi e viene erogato a 1.252.715 italiani ognuno dei quali incassa mediamente 11.587,11 euro l'anno per una spesa a carico dello Stato di 14 miliardi e 515 milioni. Da notare che il 39% di tutte le pensioni di invalidità erogate in Italia piovono su sole 4 regioni: Campania (10,8%), Lazio (9,62%), Puglia (9,36%) e Sicilia (9,32%). Poi ci sono le pensioni del terzo tipo, quelle di reversibilità: ne hanno diritto i congiunti di una persone deceduta se questa ha versato almeno 5 anni di contributi. Costano una cifra spaventosa: 41 miliardi e 599 milioni di euro e ne beneficiano 4.414.163 persone. Siamo il Paese europeo che spende di più in pensioni di reversibilità, addirittura il 2,7% del Pil.

Ma ci sono anche le pensioni del quarto tipo, quelle di guerra. Nel 2016 l'importo di ogni pensione di guerra era pari a 10.552 per gli uomini e 4.875 per le donne. Ma, attenzione, siccome un soggetto può cumulare diverse pensioni, l'Inps ha calcolato che ogni percettore di una pensione di guerra incassa mediamente 23.515 euro l'anno sommando altri tipi di trattamento. Considerando che lo stipendio medio di un italiano che lavora è di 20.690 euro, si può comprendere fino a che punto può arrivare lo squilibrio assistenziale. Non solo: le pensioni di guerra, percepite da 183.100 persone (il 63% in modo indiretto, cioè non dal soggetto titolare ma dai suoi congiunti) continuano ad essere erogate a nuovi percettori: 5.727 in più nel 2016 nonostante l'Italia non risulti essere in guerra con nessuno. Come mai? Perché sotto l'etichetta «pensione di guerra» vengono ricomprese, tra le altre, anche le pensioni erogate in seguito ad infortuni durante la carriera militare o il servizio di leva. Complessivamente le pensioni di guerra costano 1,3 miliardi di euro; 38 milioni è il costo delle 5.727 erogate per la prima volta nel 2016.

Complessivamente tra invalidità, sociali, reversibilità e di guerra le pensioni erogate ogni anno sono 10.596.699 per un costo di 80 miliardi e 179 milioni.

Ma queste sono solo alcuni dei modi, seppur i più impegnativi dal punto di vista economico, con il quale lo Stato assiste i suoi cittadini. Ma c'è dell'altro come, ad esempio, il Rei, reddito di inclusione introdotto dal governo Renzi. Viene erogato a persone che, in età da lavoro, sono in una situazione di disagio sociale: lo stanziamento è di 1 miliardo 747 milioni per il 2018, 2 miliardi 198 milioni per il 2019 e 2 miliardi 158 milioni per il 2020 e 2 miliardi 130 dal 2021 in poi. Poi ci sono gli 80 euro, altra forma di assistenzialismo puro, che sono costati 9,1 miliardi nel 2015 e altri 9 nel 2016.

A questo vanno aggiunti i 500 euro di bonus cultura erogati ai neo 18enni indipendentemente dal reddito famigliare che, per fortuna, sono stati un flop clamoroso: siccome solo 2 neo 18enni su 5 ha chiesto il bonus, la spesa statale è scesa da 287 milioni a 175 l'anno.

Tirando le somme, l'Italia, secondo gli standard statistici internazionali dell'Eurostat, spende il 21,1% del proprio Pil in

assistenzialismo considerando, però, solo quello erogato a livello centrale, dallo Stato, senza contare i soldi dei vari e numerosi interventi a livello locale. E dal pianeta dell'assistenzialismo è tutto. Passo e chiudo.

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