«Spero non giochi Pippo» Anche stavolta mago Mou aveva capito tutto

MilanoUna giornata piena, di quelle speciali. Prima i baci e gli abbracci di Samuel Eto'o, Julio Cesar, Materazzi e Beppe Baresi in pellegrinaggio alla casa del messia, poi la cerimonia di accoglienza della Sud che ha celebrato a modo suo il ritorno di Josè Mourinho a San Siro: boato di fischi.
Erano le 19,45, un'ora giusta alla disfida, quando Josè ha rimesso piede sull'erba benedetta e come l'hanno visto non c'è stato neppure bisogno di organizzare qualcosa. E qui Josè ha dato la prima fregatura: prima ha alzato il braccio in segno di saluto, poi appena qualcuno ha accennato un timido battimani ha anticipato tutti e ha mostrato le tre dita: il triplette della scorsa stagione con l'Inter e nella Sud solo i forti di cuore sono rimasti in piedi.
È stato solo il primo tempo della sua personalissima sfida.
Alle 20,39, all'improvviso è riapparso, solo, si è diretto spedito verso la panchina e si è seduto subito oscurato da una siepe di fotografi. Ma la Sud lo ha visto e questa volta non si è fatta fregare: «Uomo di m…, Mourinho uomo di m…». Lui statuario, fuori una maschera, dentro il terremoto.
La squadra, panchina e staff medico compreso, lo hanno lasciato solo per cinque minuti sulla panchina nella quale in tutta la sua carriera si è seduto solo altre due volte, i derby fuori casa, uno vinto l'altro perso. Conta zero? No, per Josè niente non ha importanza, tutto è lì perché qualcuno ce lo ha messo e la cosa più incredibile è che spesso è convinto di essere stato lui a creare il mondo.
Comunque la faccenda ieri sera era molto semplice, la partita era Milan-Mourinho, i tifosi temevano lui più di Ronaldo, e intanto Josè iniziava a fare conti: due volte su questa panchina, se vinco vado in vantaggio, mai vittorioso il Madrid a San Siro, se vinco entro nella leggenda, ancora un gol dei bianchi in Champions e si arriva a cifra tonda, 700 reti, mica male, altro primato, tutta roba buona, tanta roba.
E così è partito il film. È uscito da quella panca solo dopo quattro minuti per applaudire platealmente Pepe, eroico nel salvataggio su Pato. Un applauso con l'indice puntato sul suo centrale difensivo, figurarsi l'accoglienza della Sud: «Uomo di m… Mourinho, uomo di m…». Insomma è stato lui a dirigere i cori nella curva rossonera, ogni volta che metteva il naso fuori dalla panca, ecco che partiva il ritornello sull'uomo di m….
Alla mezz'ora un altro saggio vecchia scuola quando Gattuso si infortuna e lui approfitta del gioco fermo per chiamare Higuain che ascolta in silenzio, poi va a raccontarla a Di Maria che si dirige da Ozil ha spiegargli la faccenda. Lo ha sempre fatto, all'Inter faceva svenire qualcuno dei suoi quando doveva comunicare qualcosa a Cambiasso e compagni. Partiva l'ordine: dì a Milito di restare un attimo giù, gioco fermo ed era fatta. Il capolavoro pensava fosse arrivato con Higuain al 45', gol, il settecentesimo del Real in Champions league, prima vittoria del Madrid a San Siro, qualificazione agli ottavi aritmetica e vantaggio su quella panchina di destra sotto la tribuna.

Poi Superpippo gli ha rovinato quasi tutto, proprio Inzaghi, l'unico sul quale aveva speso una parola prima della doppia sfida augurandosi che non la giocasse. Insomma una preveggenza, giusto per fargli dire ancora una volta che aveva ragione lui.

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